venerdì 1 dicembre 2006

It's a girl!


Questo il piu’ importante aggiornamento da quel di Baltimora, ma visto che dobbiamo finire i controlli ecografici la prossima settimana e io sono un po’ scaramantica, aspetterei a darvi tutti i dettagli interni ed esterni il mio utero (tipo la forma ad anfora ed i kili gia’ presi che – illusa! - sto cercando di smaltire nonostante la crescita inevitabile della pancia). Comunque un’altra bimba, su questo siamo certi. Ed io sono molto orgogliosa di questo matriarcato che si sta configurando in casa Marchionni.

Dopo le magnate del sacro Thanksgiving -di cui sono sempre piu’ fan come festa, non solo per quello che si ingerisce, ma perche’ e’ l’unica festa che mette insieme famiglia e amici intorno ad un tavolo, senza regali da fare e gadget cazzuti da comprare- e gli acquisti pazzi dei giorni successivi (il miglior momento dell’anno, con sconti in alcuni mall fino al 50% e gente delirante che fa le code dalla mezzanotte del giorno prima: pratica giustamente chiamata “Midnight Madness”), ho voglia di incominciare i preparativi natalizi. Qua sono tutti gia’ impazziti da giorni e devo dire che non mi dispiace passare il Natale qua quest’anno –ah, forse qualcuno si scomporra’, ma in realta’ abbiamo deciso da tempo di fare gli stanziali risparmiosi questa volta e non vi piomberemo in Italia per le Feste- anche solo perche’ questa e’ la casa naturale di Babbo Natale, delle renne parlanti, degli gnomi, dei boschi innevati: un mondo fantastico, molto lontano in realta’ dalle nostre tradizioni, che e’ pero’ il sogno di ogni bambino! E a noi grandi resta, immersi fra il classico buonismo collettivo ed il frenetico consumismo, lo stordimento da canzonetta continua - da due settimane ho sintonizzato alla radio la Baltimore Christmas Station - e naturalemente la piu' viva e fervida apoteosi del Kitsch.

Dunque questo weekend siamo partiti alla ricerca dell'abete perfetto in uno dei mille vivai spuntati all'improvviso nei parcheggi (ed il piu' piccolo che abbiamo trovato e' alto 2 m e 30) ed abbiamo gia' fatto una base degli adobbi piu’ consoni al nostro stile italiano snob alla rassicurante Ikea. E da adesso per un mese vai con le nuove tradizioni da imparare: le casette di ginger bread, i biscottini con l’icing, le corone addobbate fuori dalle porte... Invece sembra introvabile il principale festeggiato dell’evento piu’ importante dell’anno, l’oggetto di ogni disegno, collage, poesia della nostra infanzia: Gesu’ Bambino! Non solo nessun presepe in giro, ma nessuna traccia neanche di un qualsiasi laicissimo pastorello sulle bancarelle di Natale, nei supermercarti... mi sa che i bambini americani lo conoscono poco questo tipo, qua e’ solo una gara a farsi la foto con “Seeenta”, come viene chiamato amichevolmente da tutti l'altro amico con la barba, e che noi ovviamente abbiamo gia’ anche fatto, con il piccolo Antonio al Festival dei Trees domenica scorsa.


Non c’entra niente ed e’ anche un po’ blasfemo, ma qua sono introvabili anche generi di consumo per noi normalissimi tipo le caldarroste (per le quali io sbavo...), che abbiamo trovato quasi di contrabbando in un posto solo a Baltimore, mentre pare che a qualche incrocio di New York le vendano addirittura in pubblico... cosa inspiegabile, vista la quantita’ di alberi che crescono da queste parti e la nota passione degli americani per le “nuts” di ogni genere e nome... o la panna da cucina, i formaggi che non siano una variante del cheddar cheese, (vi rendete conto di quante mucche ci saranno in piu' qua che sulle Alpi? purtroppo ho paura, come per altre cose, che sia solo questione di fantasia), i biscotti per la colazione sotto le 1000 calorie - che forse ho trovato l’altro giorno al Giant nella sezione “croata” dell’international food-, ma in compenso pullula ovunque di Ferrero Rocher made in Canada. Per non parlare poi della signora delle pulizie, categoria richiestissima e presuppongo agiatissima, visto che io l'ho conquistata solo dopo un anno di ricerche a 25 dollari all’ora... (e per questo quindi gentilmente invitata a farmi visita solo due volte al mese). Ma chi lo dice che chi viene qui fa una vita da pappone?? Non vi facciamo un po’ pena? Per non parlare poi di come affronteremo la mancanza del panettone Bauli al cenone, dei cri cri, dei nipoti in calzamaglia in montagna e dello zampone a capodanno... Per fortuna il 24 e il 25 siamo gia’ invitati a casa di amici italiani, senno’ incominciavo a piangere gia’ adesso... e che le mie sorelle ci hanno rifornito qualche settimana fa di parmigiano a go’ go’, settimana enigmistica (a proposito, chi vuole farci un regalo, metta in una busta ogni tanto quella), pasticche Leone e spugne piatte per lavare (anch'esse bene introvabile).

Un cosa carina l’ho fatta pero’, lo scorso mese. Sono stata “giudice” per un concorso di Poesia in lingua straniera in un liceo della contea, ovviamente per la sezione Italiano (io volevo anche il latino, ma me l’ha fregato quella di spagnolo all’ultimo, non so a che titolo) e l’esperienza e’ stata molto divertente. Intanto perche’ mi sono ritrovata in una vera High School con i classici corridoi larghi, le vetrinette con i trofei delle locali cheerleader, gli armadietti degli studenti e le classi con la moquette, e poi perche’ e’ spasossissimo vedere quanto gli studenti medi americani in generale non siano assolutamente portati per le lingue straniere. Vi basti sapere che il “contest” che dovevo giudicare io, con tanto di cartellina piena di fogli con tabelle e gradi sui diversi elementi da valutare (tra cui quello “dramatic props” - lezione d’inglese: as you will know, the term "Props" covers anything an actor may hold or use during a performance) vedeva scontrarsi due fratelli di famiglia italo-americana (ma questo, ho imparato, non vuol dire niente, anzi spesso sono piu’ americani loro degli yankees), e di differente livello -per cui gareggianti da soli nella propria categoria!- e queste erano le opere selezionate: "Bello e Impossibile" di Gianna Nannini, "E penso a te" di Battisti e "Nel blu dipinto di blu" di Modugno. Quella della categoria “advanced”, che doveva recitare il Sabato del Villaggio, e che io aspettavo con ansia, non si e’ presentata. Che tenerezza... io che ero tutta preoccupata (“Ma come faro’ a giudicare un testo piu’ bello dell’altro?”) pensando di trovarmi davanti dei piccoli Walt Withman, mi sono dovuta puppare lo sguardo ispirato e gli ammiccamenti di un sedicenne con scritto sulla t-shirt “Italian Stallion” che recitava “Belo, belo. Belo e imposibili...” Come vi ho detto i fratelli hanno vinto tutti e due e gli ho pure dovuto consegnare un medaglione sul palco dell’aula magna da 500 posti della scuola....

La vita di tutti i giorni prosegue come sempre. Il tempo finora bello e caldo e le valanghe di foglie ancora da raccogliere in giardino. Io, un po’ piu’ stanca e lamentosa come sempre, cerchero’ di lavorare in Consolato fino all’ultimo per tirare su grana per la prole, Luigi che inseguendo successi scientifici con notti insonni e mille ed interminabili meeting, e’ stato deturpato dalla sottoscritta con un taglio di capelli stile Toro-Seduto, Luce che cresce meravigliosamente sveglia e peppia da morire.
All’asilo le stanno gia’ insegnando a leggere e scrivere, insistendo sulla scia di uno degli slogan con cui Bush ha vinto la campagna elettorale - “No child left behind” - che impone ai bambini che entrano al kindergarden (a 5 anni) di essere praticamente gia’ al livello di una terza elementare nostra. Lei ha preso molto sul serio i suoi doveri di alunnina, fa i compiti, conta, legge le scritte sul latte e fa una versione mixata della famosa canzoncina dell’ABC. Ci fa tenerezza sentirla parlare inglese, mentre sto cercando di inserirmi un po’ di piu’ nel non molto aperto tessuto sociale delle mamme con bimbi, anche in vista dei lunghi mesi di allattamento della seconda pupa chiusa in casa da sola... Comunque il fatto che ci abbia proposto come nome per la sorellina “Pratichetta” o “Entina” (e non Latisha o Kennedi, come le sue compagne di scuola) e si sfoghi spesso con le ben note a tutti i genitori scenate di urla irragionaevoli e calci, mi rassicura sia sul suo ben saldo patrimonio genetico italiano che sul suo normalissimo sviluppo cognitivo...


E scusate se alla fine sono sempre una nostalgicona. Anche godendosi le cose belle qua, sappiamo che non ci americanizzeremo mai. O forse, se rimaniamo piu' a lungo del previsto, succedera', ma perfavore, voi che mi avete sentito dire tutte queste cose per mesi, ricordatemi, quando sembreremo davvero convinti di stare nel paese piu' accogliente del mondo e Luce non riconoscera' piu' La Pimpa e la sigla di Un posto al Sole, che c'e' stata una fase all'inizio in cui ero molto piu' lucida...

Vi bacio tutti, come sempre. So long, my friends.

domenica 5 novembre 2006

Dei cavoli e delle zucche

Bando alle ciance, qua la notizia scoppia ed io pure (non figuratamente). Non mi trattengo piu’ e mostro dunque con orgoglio – rivelando un segreto ai piu’ – il mio evidente stato interessante, o meglio, nel mio caso,“imbarazzante”, come dicono gli spagnoli...

Didascalia della foto: panza appartente a donna robusta, eta’ 32 anni, corrispondente (oggi, qua era un po' prima) alla 17ma settimana di gestazione, feto in buona salute non ancora scandagliato nelle parti genitali, bimba confusa, ancora ignara della minaccia che sta incombendo.

Insomma, ho raggiunto fiera i 5 mesi, e con un rapido calcolo dovrei finire dritta dritta alla Delivery Room (mai termine piu' diretto...) intorno alla meta’ di aprile. Risparmiandovi, per decenza, la descrizone del mio stato e gli effetti indesiderati della gravidanza nel periodo subito precedente a questo – nei primo trimestre sono stata tormentata da una nausea immonda - vi dico che, forse un po’ da incoscenti, siamo molto contenti di “allargarci” in tutti i sensi, e ci sentiamo anche un po' avventurieri, visto la particolare situazione nella quale ci troviamo. Oltre al fatto di essere beh, un po' soli, qua e’ tutto diverso dalla rassicurante Trieste del 2003. Per esempio abbiamo passato gia’ molte notti insonni a studiare i manuali della nostra assicurazione sanitaria per capire se tutto questo scherzo ci costera’ alla cassa del famoso Jonhs Hopkins Hospital anni di lavori forzati oppure se ci e’ concessa la copertura al 100 per cento (per ora non l’abbiamo ancora capito). Tra l'altro, prima dei normali controlli medici, una sprovveduta come me deve pure affrontare la difficilissima scelta del ginecologo giusto (qua e’ chiamato amichevolmente G.Y.N.), della nurse appropriata (la vera capa, che non ti molla un attimo), e della midwife (una specie di levatrice che qua pare, e’ non solo di moda ma praticamente indispensabile per il training giusto ed in sala parto, e che ti devi prenotare mesi e mesi prima) , mentre i banalissimi esami che in Italia ti fanno di routine, qua puoi farli serena solo se sei quasi sicura che verranno coperti dall’assicurazione (un’ecografia normalissima costa 490 dollari) senno' ti affidi al Signore (come mi ha detto tutta professionale la nurse al primo colloquio). Come saprete infatti, il sistema in generale qua e’ molto diverso, e cosi' la mentalita' e la tutela della maternita’ dal punto di vista socio-legale, che e’ praticamente inesistente. Ma se vi interessa vi rendero’ edotti nei prossimi mesi.

Vi ricordo, invece, che questo/a poveretto/a avra’ la sfiga, oltre che di avere noi come genitori e Luce come sorella, di acquisire un luccicante passaporto blu con aquila in bella vista, con tanto di diritto a tornare in questo paese (se mai ne saremo lontani, spero in ogni caso di lasciarlo prima che Luce diventi cheerleader) per fare un master oppure il marine, senza visti o green card, mentre noi tre faremo le fila all’Immigration con i messicani...

In vista del prossimo raddoppio, intanto, mi alleno nel mio ruolo di madre con sedute dalla “Parenting Coach” che ci fornisce il YMCA una volta al mese, che devo dire non stanno facendo molto effetto su Luce che e’ piu’ scatenata che mai... ora e’ in preda a delirio da principesse e incomincia a parlare coi draghetti di notte, mentre io insisto la sera, prima di addormentarla, a cantarle “Fratelli d’Italia” (e Luigi ci da dentro invece con Vecchio scarpone), sperando di nutrirne, nel frattempo, l’italianita’...

Dai cavoli passiamo alle zucche, anzi, all’invasione “arancione”. Quest’anno eravamo preparati all’arrivo di Halloween e siamo partiti ben in anticipo alla ricerca della perfetta pumpkin dar essere intagliata in una delle fattorie aperte al pubblico per l’occasione, organizzatissima e affollatissima, dove, a bordo di un carro, seduti sulle balle di fieno, siamo stati portati nella immensa piantagione dove puoi fare appunto il pick-a-pumpkin (ma in quelli difianco, in altre stagioni, il pick-your-own lo fai di apples, strawberries, cherries...). Molto divertente soprattutto per Luce, considerato che si e’ fatta anche un giro sul pony e mille salti sul gonfiabile a forma di zucca mentre noi ci immergevamo nel contesto da veri campagnoli americani facendo la spesa nel mercato country alla Holly Hobbie annesso.

Da li’ in poi il clima in America si fa trash da morire, con imperversare di film dell’orrore (5-6 ogni sera, classici e non), ogni genere di decorazione macabra e gente idiota ovunque, tanto che per esempio degli studenti -bianchi- di una fraternity qua vicino si sono sentiti autorizzati dal clima ad indirre uno "slave party" a casa loro, suscitando uno scandalo pazzesco in tutta la citta'. Superata poi abbastanza brillantemente, per essere la prima volta (giudicate voi dalla foto sotto) la missione di svuotare ed intagliare la nostra Jack-o-Lantern come migliaia di siti su internet insegnano, siamo sopravvissuti alle orde di bambinetti che facevano il Trick or Treat la sera del 31 ed abbiamo fatto noi stessi un giro con gruppetto di amici di casa in casa a riempirci di ogni genere di schifezza anti-dentista (Luigi dice che ne ha approfittato per farsi la mappa delle gnocche che abitano qua vicino).
Dopo Halloween si entra prepotentemente nella fase pre-Thanksgiving (che pure e’ a fine novembre), dopodiche’ in quella pre-Natalizia etc.. insomma: qua per seguire le ragioni del business e’ tutto passare da una fase all’altra, senza un giorno –dico uno- di pausa, tanto che gia’ da una settimana siamo nella Holidays season (quella che per noi dura circa 20 giorni)!

Gli americani intanto non si coprono, nonostante i miei sguardi di disapprovazione e due gradi fuori ormai da qualche settimana. Non mi rassegno a vederli girare ancora in bermuda e birkenstock e ostento il mio sciarpone di lana e la giacca di lana cotta simil-tirolese.
Ieri mattina abbiamo portato Luce a tagliarsi a capelli in un nuovo parrucchiere vicino a casa, che mi sembrava piu’ alla moda degli altri e che allettava i clienti con tagli per tutti a 13 dollari in al massimo 15 minuti: effettivamente abbiamo pagato quello, ma i capelli te li devi lavare a casa e dopo il taglio te li devi asciugare tu, in una delle apposite “station” predisposte in sala. Divertente, per carita', ma questo vi fa capire molto due cose essenziali nella vita degli americani: il casual e l'efficienza... insomma, che vi basti l’essenziale senza fronzoli che al gusto e ai piaceri della vita ci pensiamo in un altro momento.

Abbiamo scoperto che, come c’e’ un sito internet dello Stato del Maryland (http://www.dpscs.state.md.us/sorSearch/) dove sono registrati i maniaci e i cosiddetti sex offenders sul quale puoi vedere dove abitano, quante condanne hanno avuto etc... (noi ne abbiamo diversi in zona, ma mi rassicura il fatto che la densita’ e’ cosi’ ovunque, anche nelle verdi e pulite suburbs alla Mysteria Lane), ce n’e’ uno (www.zillow.com) che ti dice quanto vale la tua casa sul mercato -al centesimo- e di tutte quelle che vuoi in america, basta immettere l’indirizzo e dalla mappa satellitare zoommatissima ti appare il tuo tetto con prezzo sopra ed una mascherina che ti dice il numero di stanze, quanti proprietari ha avuto, quanto l’ha pagato l’ultimo acquirente.. etc (con tanto di grafico di previsione di come andra’ il mercato in quella zona nei prox 5 anni), alla faccia della privacy!

Infine, metto le mani avanti con tutti quelli che non sono riuscita a raggiungere singolarmente per dare la bella notizia: vi basti vedere con che frequenza ormai riesco a scrivere su questo blog...
Stay tuned!

domenica 1 ottobre 2006

Pros and cons

Il bello dell’America e’ avere Bruce Willis sotto l’ufficio che gira il suo ultimo film (per di piu’ una scena d’azione con pulman che si scontra con taxi: in tre giorni di riprese ho visto tre sue controfigure, moltissima gente della crew, effetti speciali, ma di Bruce neanche l’ombra...). O andarsene a cena il mercoledi’ nel vicino Rocky Run (la grill house col menu’ piu’ vasto del mondo: una figata!) pagando la meta’ tutti gli hamburgher – che gia’ costano poco, visto che e’ posto di studenti e allegre famiglie come noi- o il sabato e la domenica non pagare il biglietto nei due piu’ grandi musei d’arte della citta’. E finalmente il clima si e’ fatto meraviglioso, la luce brillante di fine settembre s'incontra con una natura ora verdissima, che sta per lasciare il posto ai mille colori caldi di ottobre, quando le foglie prima di cadere regalano colpi d’occhio incredibili e –almeno per me- una bellissima sensazione di beatitudine dentro.


Tuttavia questi giorni sono particolarmente turbata dal livello di poverta’ che c’e’ qua, molto piu’ squallido di qualsiasi altra immagine abbia di altre parti del mondo. Quotidianamente incontri per strada disgraziati, storpi, donne sfatte, poveracci vecchi e giovani, di tutti i colori, che non hanno alcun posto in nessuna categoria, lista, non sono nessuno. Non ho mai visto gente cosi’ in Italia. Per lo Stato non esistono, e viene facile attribuire la colpa all’elegante sistema socio-sanitario americano (come sapete totalmente privato), alla cultura dell’individualismo piu’ bieco (tante moine dai vicini di casa che appena ti trasferisci di un isolato non ti rivolgono piu’ la parola) e all’istigazione al successo a tutti i costi, anche, e soprattutto, tramite programmi televisivi che invitano davvero ad emarginare il “loser”, ad imbellirsi, a rifarsi la casa che dall’esterno sembra fighissima e poi dentro c’ha i muri in piedi con lo sputo... in una parola, ad apparire quello che non si e’, perche’ la sostanza, purtroppo e' molto misera. Non dappertutto ovviamente e' cosi', ma anche in tante zone che sembrano bellissime, sono sicura che ci sia diversa gente che vive al di sopra delle proprie possibilita’ e che fa di tutto per tenere segreti i propri altarini, i mutui, i conti in rosso delle mille carte di credito che ti lasciano accumulare debiti purche’ tu spenda e faccia girare l’economia del consumo...
Che rabbia, gira e rigira parlo sempre di quello che non mi piace... e che alla fine non faccio una gran promozione al paese che cortesemente mi ospita. Luigi dice che sono biliosa, io gli dico che semplicemente traggo delle conclusioni da quello che osservo.
E piu’ forte di me. Insisto ancora per un secondo.
Lo sapete che il piu’ grande network di telefonia mobile americana si pubblicizza come quello con le “fewest dropped calls”? Perche’ le linee qui fanno schifo, cosi’ come i collegamenti adsl che sono lentissimi nelle case private... pero’ almeno di fatto se ne fregano sia dei modelli di cellulari (hanno tutti piu’ o meno gli stessi, due o tre marche in tutto, di qua gli italiani sembrano veramente dei maniaci) sia per esempio delle macchine (le berline qua vanno per la maggiore, soprattutto per la fascia 16-35... come se io alla matura fossi arrivata al volante di una Croma), tranne alcuni che invece si rincoglionisco e si vendono i figli al black jack di Las Vegas pur di comprarsi il modello di SUV piu’ grande e piu’ ingovernabile che c’e’ sul mercato... ma quelli ci sono anche da noi.
Ad ogni modo, visto che imperverseremo col nostro senso di inadeguatezza - e le nostre sbruffonaggini: io per sempio al volante sono diventata una bestia, facendo tutto quello che i miei 14 anni di patente in Italia mi insegnano per far impazzire gli americani caproni!- da queste parti ancora per un po’, cerchiamo perlomeno di divertirci quando capita.

Per esempio al compleanno di Luce, che seppure un po’ ristretto per via della presenza di amici e familiari - noi tre in tutto - abbiamo allegramente passato all’asilo con tanto di cup cakes per tutti i bimbi ricoperte di uno strato di panna imbarazzante (con le 4 principesse Disney all’uopo montate sopra dalle sapienti mani del pasticcere del vicino supermercato Giant) e le goodie bags preparate da me per tutti gli amichetti dell’asilo, come si usa fare qua quando un bimbo compie gli anni... Lei era tutto sommato contenta, ha avuto i suoi dieci minuti di celebrita’, poi la maestra ci ha cacciati e ce ne siamo tornati a casa a spacchettare i fiammeggianti regalini. Poca cagnara, niente zia Peppa che porta all’ultimo un vestitino fuori misura o gli amici senza figli che passano anche solo per scroccare una patatina o una pizzetta... noi qua piu’ di questa intima celebrazione non potevamo fare per la nostra creatura (visto anche il pesante clima di austerity in casa Marchionni, se vogliamo tornare in Italia a Natale), e tutto sommato lei non aveva neppure bisogno di piu’, credo.

Oggi siamo stati al Book Festival nella zona “intellettuale” e antica della citta’, molto carino soprattutto perche’ in queste occasioni gli americani non solo si ricordano, ma dedicano un’attenzione particolare ai bambini, per i quali organizzano mille tipi di attivita’, tutte gratuite e intelligentissime... e’ qualche anno che non vado al Salone del Libro, ma mi sembra di ricordare che i bambini sotto gli 11 anni fossero a mala pena ammessi. Per 15 dollari abbiamo comprato per Luce 5 libri usati ed uno nuovo.


Il mio lavoro in aiuto dei connazionali emigrati prosegue con piu’ “confidence”, mentre Luigi dice che con quest’anno ha fatto abbastanza training e spero che stia per sfornare i suoi primi assi da pubblicare. A proposito, ho scoperto che il suo lavoro si chiama piu’ correttamente quello del “scientist” piuttosto che del “researcher” come dicevo io, e vi confesso che mi fa figo da matti dirlo... Abbiamo ripreso Music Together, stiamo cercando un corso per giovani circensi (davvero!) ed io ho lasciato la palestra per optare per un autunno in piscina.
L’altra sera alla tv c’era un “tornado warning” per la zona poco piu’ sotto Baltimora, che fra gli avvisi naturalmente catastrofici ed il possibile grado di rotazione, indicava fra le precauzioni da tenere anche quella di uscire subito dalle case mobili, su ruote e prefabbricate, dalle tende e dalle casette sugli alberi.
Per rimanere sul tema televisione, vi segnalo come sempre alcune delle trasmissioni che mi vedono ormai fedele habituée: “Little people, Big world”, la storia-reality di una famiglia affetta da acondroplasia ovvero nanismo, i cui genitori sono nani, e dei quattro figli tre sono normali ed uno nano, il povero pure gemello di un baldo 15enne piu’ alto della media (minchia che sfiga vi direte voi), che davvero sono molto simpatici e fanno una vita normalissima. “The world’s most ugliest dogs”, un concorso meraviglioso con un campionario dei cagnetti piu’ storpi, spellacchiati e buffi del mondo, e da giovedi’ anche le nuove puntate di ER, giusto per sentirsi per una sera delle persone normali. Infatti, e purtroppo, quando non c’e’ niente di meglio, mi capita anche di imbattermi nel terrificante “Humanimals” sul canale piu’ morboso di tutti, il famoso Discovery Health: documentario su dei pazzi furiosi che tramite la chirurgia estetica vogliono trasformarsi in animali, fra cui c’e’ anche quello che si e’ fatto trapiantare dei sottili baffoni di acciaio sulle guancie per sembrare un gatto e quello che si e’ fatto tagliare la lingua a meta’ per sembrare una lucertola.

E come al solito, con queste perle di meta-linguaggio televisivo, vi saluto.
See ya!


Comunicazione: ai pochi ancora che non sentiamo su Skype, ricordo che adesso abbiamo anche la webcam e che fare video-chiamate di ore non costa nulla ed e’ divertentissimo! I nostri user names sono: elisabetta.girardi e marchion
besos

martedì 29 agosto 2006

Touching base

Scrivo nel mio primo seratone libero (cioe’ da single) dopo mesi... Luigi e Luce sono andati alla Pizza del martedi’... ed io mi posso ingozzare di riso e patate -il mio piatto preferito, ovviamente ripugnato dagli altri due- e guardare la trasmissione specializzata sui look delle dive alla passerella dell’ultima edizione degli Emmy awards... evvaiii!!!

Due mesi oggi sono passati dall’ultima traccia che ho lasciato su questo sito e innumerevoli storie ed avventure sono rimaste sull’orlo di essere raccontate, visti gli intensi programmi estivi che ci hanno contraddistinto.
Siamo la famiglia piu’ incasinata dell’emisfero settentrionale.
La parentesi vacanziera e’ stata piu’ una partita a risiko –l’organizzazione con tanto di calendario in pdf inoltrato a tutti mesi e mesi prima, che avrebbe fatto vergognare la Wehrmacht, si e’ rivelata un allegro carosello deriso da tutti, mentre insistevamo, con clessidra incalzante alle spalle, nei nostri blitzkrieg da parenti e amici... giusto il tempo di essere miseramente schiacciati da caldo, fatica, confusione e stralunamento- piu’ una partita a risiko, dicevo, che una rilassante posa delle nostre carni su spiagge dorate e mille baby sitter intorno a Luce... ma tant’e’.
Comunque. Il giorno dell’arrivo in Italia non poteva essere piu’ azzeccato, dato lo scalo a Parigi a poche ore dalla testata di Zidane e la diretta sulla finale dei Mondiali circondati dal calore della Famiglia nella fresca brezza estiva di Cavoretto e godutissima, nonostante il jetlag e l’ebrezza provocata da prosciutto crudo e mozzarella fresca.

Evento immediatamente successivo il matrimonio dell’anno dei pregiatissimi coniugi Cutaia (che noi affettuosamente chiamiamo al singolare “Dariosere”, da citazione Farinettiana) che oltre ad offrire una "caldissima" e sorridentissima festa ai loro amici, hanno avuto il coraggio e l'ideona di svolgere il loro viaggio di nozze negli Stati Uniti, con un tour stratosferico che ovviamente passava obbligatoriamente dal ridente Maryland... ma di quello che abbiamo fatto qua ne parlero’ dopo.

Dal wedding-day sono seguiti i soliti twister per il Nord Italia che hanno compreso, fra i pochissimi momenti di svago casualmente concessi ai piu' fortunati di voi, due diverse tappe in Toscana dai nipoti saraceni, soggiorni gressonari con quelli ariani, una notte a Bergamo, una settimana nella rovente Torino di fine luglio in compagnia di Bianca, Artu’ e la nonna, e 4 giorni in Liguria di cui 2 sotto la pioggia. Non si puo’ dire che ci siamo tolti qualcosa, tant’e’ che Luigi dopo pochi giorni sul suolo italiano ne e’ uscito completamente tuonato, con una sindrome definita dall’otorino “Vertigine parossistica benigna da stress” che di benigno aveva effettivamente l’influsso sul portafoglio del papa’ di Luigi che ha pagato senza batter ciglio –amore di padre- la pesante penale per lo slittamento del volo... Il nostro rientro invece, coraggiosamente affrontato da sola con Luce, da grande viaggatrice impavida quale sono, tanto e’ stato smooth nella tranquilla rotta oceanica, quanto stravolgente nei giorni successivi, dato che tornavo a lavorare neanche 12 ore dall’atterraggio, con la valigia di 30 kili destinata a stare a spasso per Schipol ancora altri 4 giorni, e Dariosere che arrivavano incalzanti come da programma freschi come solo due sposini con 6 settimane di congedo matrimoniale sanno essere. Perfortuna a Baltimora il clima si era un poco raffreddato (pare ci fossero 42 gradi neanche il giorno prima) e i nostri amati newlyweds, che erano piu’ devastati di noi dalle 8mila miglia on the road, fra una dormita e l'altra richiedevano timidi solo i miei famosi pancakes, due gite ad Annapolis e Washington, qualche allegra abbuffata senza pagare la tip e tre o quattro tranquille serate a disquisire in terrazzo su come eliminare la famiglia di ratti -il capostipite l'abbiamo soprannominato Urbano, come il Rattazzi, ovviamente- che in nostra assenza aveva preso possesso del nostro yard...


Io pero’ ammetto, non riesco a riprendermi dalla stanchezza... anche perche’, dopo l'ultimo fantastico week end a New York a zonzo con Dariosere che poi si sono imbarcati, siamo tornati a Baltimora alleggeriti di qualche migliaio di dollari dal nostro conto, in quanto io ho perso il mio portafoglio su un marciapiede della Quinta strada davanti a Central Park (non ho mai perso niente chesso', a Reviglisco, a San Giusto... doveva succedermi proprio nel blocco di asfalto piu’ battuto del mondo???). Mentre noi correvamo sulla quinta strada, invettando chi contro i sedicenni cingalesi saliti sul pulmann insieme a noi (dice Serena: "avevano un'aria torva"), chi contro la povera turisita italiana seduta di fianco a me (Luigi e’ sicuro che sia stata lei a soffiarmi svelta il portafoglio The Bridge da 3 kili dalla borsa), i fortunati che l’avevano trovato potevano gia’ spolpare tutte le mie carte, optando ovviamente per usare immediatamante da Macy’s quella di credito, che io pensavo di avere appena bloccato... ma che invece, scherzo del social security number, e’ stata perfettamente funzionante per tutto il week end! Se non altro questa occasione – come sempre ci sorprendiamo di quanti eventi strani ci sono gia’ capitati da quando siamo qua, un po’ per sfiga, un po’, diciamolo, perche’ siamo dei coglioni- ci ha permesso di aggiungere al carnet delle cose visitate, oltre al Guggheneheim ed il palazzo delle Nazioni Unite, anche una squallida stazione di polizia sulla 54esima, che proprio come nei film ospitava un poveraccio con le manette e la refurtiva in un sacco di juta ai suoi piedi, i riconoscimenti al merito e le targhe, e tanti poliziotti molto gentili e moltissimo palestrati, mentre fuori passava il corteo di Harley Davidson che andavano a rendere omaggio sui luoghi del 9/11... immaginate il quadretto di noi tre, con passeggino e guida alla mano, a sporgere denuncia dalla grata all'alienata -come sempre- clerk in uniforme di turno???


Piu’ o meno risolta la questione dei soldi (siamo ancora sotto indagine della Visa, che pero' dovrebbe rifonderci di tutto il maltolto) abbiamo ripreso la nostra vita. Dieci giorni fa ero tutta gasata da quello che mi aspettava in America per questo Fall Semester, con qualche novita' lavorativa poi invero sfumata, subito dopo mi sono lasciata abbattere dalle questioni bancarie e dalla stanchezza del quotidiano smazzamento di compiti, ora mi sento di nuovo un po’ piu’ positiva e ce l'ho solo con i guidatori americani di macchine enormi che non sanno parcheggiare... quindi tutto normale, non vi pare? questo e’ il segno che sono di nuovo in possesso della mia vita, confusa come sempre...
Luce da oggi e’ una Bumble (busy) bee e non piu’ una Sea Turtle, il che vuol dire passare alla classe dei tre anni con una settimana d’anticipo sul calendario. Lei, nonostante si sia rifiutata di dire una sola parola inglese per tutto il soggiorno italiano, con estremo imbarazzo dei suoi genitori che l’avevano appositamente ammaestrata, non si e’ fatta toccare molto dai mille giri che le abbiamo fatto fare. Si e’ adattata pressoche’ a tutto, cambiando letti come una consumata teatrante in tour, anche se forse avrebbe sicuramente gioito di piu’ a stare sulla spiaggia a fare castelli di sabbia con Giovanni ed Edo, o a saltare in piscina con Miki, piuttosto che stiracchiare 50 persone diverse e 10 localita’ turistiche in un mese scarso di vacanza... ma visto che, a differenza dei fortunati colleghi italiani, i bambini americani fanno si e’ uno una settimana coi genitori in tutta l’estate ed il resto al summer camp sotto aria condizionata, lei ha almeno visto tanti posti ed ha mangiato bene... e poi le sto preparando una fantastica festa alla scuoletta sull'orma della migliore tradizione trash americana (cappellini, torta decoratissima, goody bags)... vi faro' avere il resoconto della giornata nel prossimo blog.
A me invece rimane l’amaro, oltre a quello di aver fatto solo due bagni in croce, di non aver rivisto la mia Trieste, per la quale nutro ancora piu’ grandi aspettative la prossima volta che intravedero’ da Sistiana e che pero’ ho ritrovato tale e quale a come me la ricordero' sempre sull’ottimo libro di Mauro Covacich, che consiglio a tutti, patocchi e non...
e ovviamente di non aver visto persone che ci sono sfuggite per varie ragioni... so see you then, you will be the first next time... we love you all my friends -come direbbe ammiccante e un po' brillo il nostro vicino di casa Marty.

Piacere intanto di avervi comunque ritrovato qua.
ps. prometto che ritornero' anche a parlare di America (argomento forse un po' piu' interessante delle nostre cazzate)... lasciatemi scrutare ed origliare ancora un po', che ultimamente sono una noiosona e in vacanza avevo perso l'abitudine!

martedì 30 maggio 2006

Ladri in Amazzonia

Causa discesa a Baltimora di nebbia amazzonica con l'arrivo delle prime torride temperature (oggi 96 gradi F, circa 35 C, con umidita' al 200 %), per mancanza di tempo conseguente i nuovi ritmi lavorativi ma soprattutto per indisponibilita' del mezzo necessario a compiere questa missione -e cioe' aggiornare un blog- dovuta a furto subito a casa Marchionni, sono costretta a fare solo un breve elenco delle attivita' che ci hanno segnati in queste ultime tre settimane:

-- evento piu' recente e piu' torbido da commentare, come vi ho anticipato, e' la sparizione del mio computer dalla mia postazione-studio al primo piano della nostra casa vittoriana. Che fossimo in un quartiere con molta gente "di passaggio" lo sapevamo, certo non mi aspettavo che "passassero" cosi' in fretta a farci visita in casa dei brutti ceffi, che, evidentemente non invitati, la sera di dieci giorni fa hanno avuto l'ardire e l'ardore di arrampicarsi sul balcone del primo piano dal nostro giardinetto, entrare nello studio, scollegare con calma tutti i cavi e saltare giu' con mio IBook sottobraccio... il tutto alle nove e mezza con noi in casa a guardare la televisione e Luce a dormire (speriamo noi, magari invece si e' pure lanciata sguardi incuriositi con l'intruso) nella camera di fianco... quando ce ne siamo accorti era gia' tutto compiuto e ora abbiamo solo il rimpianto di non aver tenuto l'allarme alle porta come facevamo appena entrati qua, la luce accesa in giardino e, soprattutto, le porte chiuse a chiave... ma come sapete la voglia di sentirsi bene a casa puo' a volte prevalere sulle compulsioni a precauzionarsi dai malintenzionati, cui perlatro eravamo anche abituati in Italia... comunque, nonostante qua la polizia faccia di tutto per combattere il crimine, agendo per lo piu' con gli elicotteri, ed il faro di luce sfiori la nostra alley praticamente una sera si' ed una no, mi piace pensare che ci siamo fatti gabbare dai nostri vicini di casa, che hanno il balcone praticamente comunicante al nostro e che in finire di anno accademico (che e' un vero e proprio evento da queste parti) volevano fare piu' una goliardata che altro... ad ogni modo, chi sa quanto sono morbosamente attaccata a questo genere di cose materiali (che pero' rappresentano una bella fetta di mia vita personale, attraverso le foto, le email, i racconti che custodivo solo, ovviamente, su formato elettronico) puo' immaginare il mio stato di prostrazione, unito alla rabbia di non aver fatto un back up di recente seppure mi fosse gia' successa una cosa simile...


-- mi convinco sempre di piu' che gli americani, gia' abbastanza mollaccioni di indole e a differenza degli inglesi, non hanno assolutamente il senso dell'umorismo. Tranne qualche pubblicita' carina e qualche gag passabile del Saturday Night Live, non sanno prendersi in giro e fanno sempre le stesse battute imbarazzanti, specialmente nelle occasioni seriose, tutti con lo stesso tono, lo stesso gergo e le stesse smorfie. E' una cosa che non sopporto. Forse per questo una bambina che ha imparato a dire tutto d'un fiato "labominevoleuomodellenevi" passa per la nuova Zelig in erba e stupisce per quanto e' sveglia. Scampata indenne alla brutta avventura, continua a deliziarci con gesti da grande e sfodera traduzioni italiano-inglese-italiano meglio del Ragazzini. Continuo pero' a non capire da dove abbia preso la ruffianaggine e l'atteggiamento da piccolo istrione... e ho il sospetto che, a differenza di noi due, diventera' una ras della gang, una capetta alla "giovani canaglie"...
-- la mia attivita' pseudo-diplomatica in ufficio prosegue con qualche piccolo intoppo sulle complicate pratiche da imparare ma tante soddisfazioni in relazione ai mille casi umani che si possono presentare -e risolvere- ad un consolato (connazionali dai nomi impronunciabili -oggi per esempio uno che faceva Procolo di nome- e le origini incerte che rientrano in Italia per farsi preti e hanno perso la cittadinanza, buffi americani che richiedono visti per anni sabbatici in toscana con 4 figli al seguito, vecchiette che si presentano con le ceneri del marito per riscattare la pensione etc...) e devo dire che una delle cose che mi piace di piu' e' andare a lavorare a downtown insieme a tutti i white-collars, avere il mio bel parcheggio pagato in centro al 7 piano di un palazzo che ai piedi ha concentrati tutti i locali porno di Baltimore, cambiarmi le scarpe in macchina, chiacchierare con la mia collega mentre trito la carta nell'apposito paper shredder...
-- la nostra social life ha ripreso dopo una pausa con 1) un BBQ ieri nel nostro giardino per il Memorial day, giorno in cui gli americani ricordano sommessi tutti i militari morti nelle guerre e gli italiani invece sceglievano di esorcizzare l'arrivo del torrido clima con salsicce volanti, bagni nelle bacinelle per i piu' piccoli e Bruce Springsteen a palla, udibile anche a 10 blocchi di distanza. 2) una cena con i vicini (non i ladri, gli altri: i cinquantenni ex-sessantottini) cosi' innamorati del vino italiano che tutte le settimane tirano fuori dalla loro cantina chicche tipo un Barbaresco del '78 da far assaggiare a Luigi, 3) una festa di compleanno di un bambino indiano con invitati tutti in sari meravigliosi 4) un pranzo nell'iper dinamica zona di Bethesda ed una gita in Virginia al parco nazionale delle Great Falls con il piu' grande tifoso rumeno granata del Maryland 5) svariate cene a base dei soliti hambugher, quesadillas al pollo e formaggio e macaroni and cheese.

Ho esaurito il tempo a disposizione che Luigi mi ha concesso stasera, e mi sono bruciata anche quello che dovevo utilizzare su Amazon alla ricerca di un nuovo computer e sulla differita di Un Posto al sole.
Spero di farcela a scrivere prima dei Mondiali (per i quali abbiamo gia' organizzato un ponte Baltimore-Washington e incontri segreti nel nostro basement, visto che l'Italia e' in girone con gli USA), mentre abbiamo scoperto con orrore che la sera della finale saremo in aereo sull'oceano. Fra tutti quelli a cui non scrivo da secoli (Elisa, Silvia, Elena, Laura per esempio) approfitto per fare gli auguri in ritardo (da parte di Luce) a Ilaria che ha fatto tre anni, a Carlotta che si sposa a settembre e a Guido in anticipo che fra qualche giorno ne fa 35. Perdonatemi ma faccio assai fatica a comunicare questi giorni (ed in ufficio il console mi sta col fiato sul collo), anche se vi penso sempre, davvero.

Elisabetta

venerdì 5 maggio 2006

Un posto nel mondo

E’ finita la pacchia.
Addio ai ritmi trascinati, ai collages con le vecchie foto, alla comoda trasandatezza della casalinga, alla pratica di intrecciare i cestini di vimini (questo in realtà non lo faccio, ma mi piaceva la citazione da un film che adoro)… Ho trovato lavoro. Ed è una proposta, che, come si dice, non posso rifiutare.


Mi hanno offerto di collaborare con il Consolato Italiano (Onorario) di Baltimore, principalmente come Secretary-General di una Fondazione – The Italian Cultural Center - che si occupa di promozione dell’Italianità a vari livelli. Inoltre aiuterò a compiere la normale amministrazione consolare, che vuol dire, oltre a farsi tutti gli affari degli italiani residenti in Maryland (quelli più succosi: separazioni, morti, nascite, cambi di sesso), e a svolgere una serie di pratiche pallosissime, anche di godere di quello status da “diplomatici” che partecipano alle cene di beneficenza, fanno rappresentanza, in una parola: se la tirano. Non immaginatevi un palazzo storico, il salone delle feste, la macchina blu con le bandierine… la sede, che seppure nel distretto economico, è grande metà di casa nostra, è priva di qualsiasi atmosfera favolesca, e ospita tre persone in tutto, fra cui il Console stesso, che non assomiglia per niente al Richard Gere del famoso film... Ad ogni modo, da lunedì lavorerò 5 ore al giorno e avrò il massimo della flessibilità che solo un datore di lavoro italiano può offrirmi nell’America dei workaholic, e –cosa più importante- tutto quello che guadagnerò sarà completamente esente tasse, come una vera apolide. Un bel cambiamento. Ammetto che la soluzione per ora non è male e visto che nei miei sogni di ragazzina c’erano tra gli altri (attrice, cantante, doppiatrice, archeologa) anche quelli di diventare o un’ambasciatrice o il Segretario Generale delle Nazioni Unite (Kofi Annan, per intenderci), mi sembra che questa, almeno sulla carta, è sicuramente la cosa più vicina che potesse capitarmi di fare…
Per togliermi poi lo sfizio di lavorare con gli americani veri, sono anche riuscita, per altre vie e grazie all’aiuto di un amico italiano, ad entrare (come volontaria) in un Comitato per il gemellaggio Baltimore-Genova voluto dal nostro sindaco O' Malley (che tra l’altro è un figo pazzesco e suo figlio Jack è compagno di asilo di Luce) e ho cominciato le prime lezioni private di italiano con un pediatra nigeriano molto gentleman che ha bisogno di me perché sta cercando di far innamorare di sé una donna italiana… Unico neo è che dovrò forse abbandonare la palestra dove Marcus (il trainer rasta del YMCA) mi saluta in italiano tutte le mattine con un “Ciao, bel corpo”: voleva la traduzione della stessa medesima frase in inglese, giuro, e anche se vi sembra improbabile io mi godo questo complimento come il primo di questo genere –e ultimo- della mia vita.
Nel frattempo siamo stati alla very american Hopkins Spring Fair, nel campus qua vicino, che oltre ad offrire ogni genere di schifezza da mangiare, baracchini promuoventi qualsiasi tipo di attività studentesca, atleti della squadra universitaria di Lacrosse appollaiati sopra enormi vasche d’acqua, pronti a cadere rovinosamente se centrati nel bersaglio, e giostre per bimbi, aveva anche, nascosto, un recinto per gli alcolizzati, separato dagli altri pratini sopra cui delicati studenti prendevano il sole, dove chi osava voler sorseggiare una birretta fresca veniva tatuato con un braccialetto (che ho dovuto mettere anch’io seppur astemia, solo per entrare –con carta d’identità alla mano, of course- ad accompagnare Luigi)… e guai ad uscire col bicchiere in mano, potreste essere multati. Non so come, ma l’immagine ci ha subito catapultati alle sagre alcoliche di San Damiano, Basovizza o alle enoteche italiane, francesi, spagnole che trasformano interi quartieri in giganteschi dehors … Qui infatti si può bere solo a casa propria, nei bar e mai per strada: è per quello che quando compri una bottiglia di vino te la incartano, per non turbare gli animi dei proibizionisti – che evidentemente sono la maggioranza… e sono gli stessi che censurano i culetti rosa di bambini in tv (anche quelli di sei mesi) e che però fanno vedere i pestaggi dei “cops” contro gli immigrati alle sette di sera… ma di questo ho già parlato.


Mentre le nostre attività si stanno svolgendo di nuovo per lo più all’aperto - i prati verdissimi appena tagliati ovunque sono davvero invitanti - gli americani si stanno piano piano ritirando nelle loro case enormi dal clima controllato, confermando la tesi che la vita indoor, nei mall, nei parcheggi multipiano, nelle family room dalle finestre inchiodate, è molto meglio che quella outdoor, nonostante, ripeto, trattino con una cura quasi esasperata i loro giardinetti…
Ieri puntata spettacolare di ER in Darfur. La situazione umanitaria è ormai inaccettabile lì, e per fortuna qua se ne stanno accorgendo. Ho voglia di esotico. Vorrei andare a trovare la mia amica Silvia in Africa e poter fare qualcosa per qualcuno anzichè lamentarmi di come vivono gli americani.
Fra qualche w-e andremo al mare in Delaware per assaggiare la brezza oceanica e le lunghe spiagge, in attesa dei veri tuffi nel mediterraneo. A proposito, e’ da un po’ che m’immagino il ritorno a Barcola come "Il ragazzo della Via Gluck"… chissà perche’ penso che dopo un anno non riconoscerò più niente, come se la geografia di Trieste offrisse chissà che evoluzioni urbanistiche…

L’altra settimana ho fatto una piccola conferenza sull’Unione Europea al Centro studi della mia amica sarda, che mi ha abbastanza gasato ma mi ha anche riportato indietro nel tempo, quando l’Europa era il mio pane, avevo il bidone della spazzatura sotto casa (e non dovevo seguire una rigida agenda per il riciclaggio dei rifiuti, che se non imbrocchiamo, è una vera tragedia) e non mi scervellavo al supermercato per trovare una cera per i pavimenti (che qui inspiegabilmente non esiste, pure essendo l’80% delle case in legno).
Luigi ed io abbiamo deciso di parlare inglese tra di noi, perché ci sentiamo un po’ su un binario morto, mentre Luce ha preso un accento strano anche parlando italiano, che ormai assomiglia sempre di più al catanzarese, visto che aspira tutte le parole per imitare il suono dell’inglese. E’ una gioia indescrivibile vederla fare queste scoperte (l’altro giorno l’ho sentita parlare in inglese al gatto, oggi ha dimostrato di sapere leggere tutte le lettere dell'alfabeto tranne la i) e accorgersi che sta anche diventando (finalmente, aggiungo io) molto più mammona: tipica fase pre-edipica credo, perchè dopo questo fatuo innamoramento per me poi vorrà uccidermi per eliminare una concorrente e riconquistare suo padre. Intanto questo suo rendersi conto dei ruoli maschi-femmine e il desiderio per esempio di mascherarsi da regina e principessa a me fa molta tenerezza. A scuola le hanno fatto una tesserina con tanto di foto segnaletica e minuscole impronte digitali da diffondere sul cartone del latte nel caso di "missing children". Da quel giorno non la perdo d'occhio neanche quando devo andare in bagno.

Questa volta ho lasciato il mio flusso di pensieri un po’ più sciolto, come un vero blog. Sarà che dalla prossima settimana non potrò più scrivere, che mi viene da raccontarvi tutte le cose che ho paura di dimenticarmi. Sarà invece che con questo nuovo lavoro, che pur mi ha permesso di conquistare un posticino nel mondo e di poter contribuire al bilancio familiare, mi sento anche meno libera, meno creativa... e maledettamente, definitivamente e prepotentemente

incastrata.

martedì 18 aprile 2006

Prayer bag e Easter bunnies

Una goduria infinita il primo barbecue in giardino e una piscina calda tutta per noi a 5 blocchi da casa. E che senso di libertà spingersi il giorno di Pasqua nelle campagne del Maryland sapendo che stai facendo un millesimo del viaggio che si potrebbe fare in auto se guidassimo sempre verso ovest…


L’America è immensa e infinite sono le tipologie di persone, cose e posti che ci puoi trovare. Continuo a meravigliarmi di quante opzioni abbiamo davanti quando dobbiamo scegliere cosa fare e chi andare a spiare e quando pensi di aver scoperto quasi tutto, ti accorgi che sei solo all’inizio di questa discesa nei loro gironi infernali, larghi come le autostrade che passano di qua… E’ da un po’ di tempo che mi sto concentrando sui contrasti razziali per esempio, e sui luoghi dove passa il confine. Dovrebbe essere quello città-periferia ma anche blocco “safe” e blocco “non-safe”, che é veramente difficile da spiegare a chi, come voi, vive in città costruite sulla certezza che gli italiani (a dispetto di quello che pensa Bossi) sono in fondo tutti uguali. Abitare a Charles Village, in mezzo alla città, è in questo senso molto illuminante. La nostra casa fa parte di un quartiere “bianco” largo circa 10 blocchi e molto tipico quanto ad architettura, che è circondato da uno (anzi, molti, visto che qua ogni quattro isolati si cambia nome) nero, molto più grande e diverso in tutto. In effetti gran parte delle zone che compongono Baltimore city sono popolate da famiglie nere e qualche individuo spesso molto, ma molto minaccioso. Noi facciamo di questo dato di fatto virtù e come sapete abbiamo iscritto Luce in un asilo del quartiere nero, frequentiamo (come molti altri, per fortuna) una palestra molto fiera della sua ebonicità, di cui sabato abbiamo sperimentato anche la piscina, perfetta per le nostre esigenze, calda al punto giusto, priva di regole ferree tipo quella dell’obbligo della cuffia e di cloro puzzolente, animata dalle allegre urla di un gruppetto di bambini che giocavano a palla e fornita, nei lindi spogliatoii anche di un asciuga-costume a centrifuga che Luigi ha subito provato. Ci pare un sogno il fatto che la salata retta dell’asilo ci abbia dato accesso, come family membership, ad un sacco di servizi gratuiti.
Come vedete quindi, ostentiamo la nostra voglia di integrazione. Tuttavia continuo a tremare quando passo per sbaglio in alcune zone, anche se chiusa in macchina a chiave all’una di pomeriggio, e se vedo salire sul nostro portico un barbone come ce ne sono mille nelle citta’ americane… faccio ancora fatica ad addormentarmi. Cosa c’è di sbagliato in me? Allo stesso tempo, se voglio uscire di casa a fare due passi, posso andare a 50 metri da casa nostra, dove in un pratino fra le casette vittoriane attrezzato con qualche gioco dono della comunità, si ritrovano tutte mamme bionde con figli biondissimi, che seppure un po’ “intellettuali” rimangano abbastanza basite quando elenco le nostre attività nel ghetto e mi indicano, con una certa insistenza, prestigiosissime scuole luterane (fuori Baltimore) per le elementari di Luce. Io questa contraddizione non l’ho ancora capita. Abbiamo l’arroganza di pensare che per noi questa separazione non è normale, e crediamo che, fortunatamente, Luce crescerà con un’idea molto imprecisa sul suo colore della pelle - anche se l’altro giorno, per la prima volta, mi ha parlato del suo compagno Emmanuel come di quello “marrone”, e quando le ho chiesto lei di che colore é, mi ha risposto con assoluta non-chalance, “pink”.
In compenso, avere una pezza di giardino fiorito nel bel mezzo di una zona urbana, è davvero un lusso che ci mancava a Trieste. Sabato abbiamo fatto il primo barbecue americano, e dopo aver sudato al sole estivo affumicati dagli odori delle mille varietà di carne e pesce comprate da Luigi (chi lo conosce sa quanto è maniaco della carbonella) ci siamo rilassati sull’amaca famigliare all’ombra del grande albero che troneggia nella metà esatta del nostro piccolo recinto erboso. La nostra amica Alessia dipingeva, Luce –in costume e infradito coi cuori- strappava con la rabbia che solo i bambini possono avere, teneri tulipani rossi appena sbocciati.
Questa è vita.

Mentre domenica, pranzo di pasqua con gli amici nella campagna del Maryland a mezz’ora dalla città. E mi sono resa conto che l’America è li’, perché il quadretto tornava molto più familiare tutti quelli che ho visto fino ad ora. La “friendly farm” dove abbiamo assaporato un vero menù americano (kili di carne, ma scordatevi gli hamburger) ha come politica quella di non servire nessun tipo di alcolico a tavola, perchè sono un “family restaurant”. Quando gli diciamo che da noi persino le mense del reparto di chirurgia dell’ospedale hanno il fiaschetto di vino sempre sul tavolo, non oso pensare cosa s'immaginino. E le iper-bacchettone famiglie che lo popolavano erano proprio come mi immaginavo fosse progredita l’America dalla "Casa nella Prateria" in poi: teste dalla tonalità rossiccio-biondo-albino, almeno 5 figli ciascuna, quattro nonni al seguito (di cui diversi con deambulatore), vestiti demodé tirati fuori dal baule in soffitta per la festa, cappellini lilla, calze color carne e, cosa più importante, un’evidente fede religiosa sulla faccia… seppure riguardosi, ma molto divertiti ed un po’ imbarazzati per il nostro abbigliamento sbarazzino (decisamente da pasquetta) siamo andati anche a sbirciare nel “friendly store”, dove tra le altre cose abbiamo trovato con orrore una “Baby prayer bag”, pronta per i figli che sentissero l’urgente impellenza di pregare nel bel mezzo della statale… cosa c’hanno in comune questi con le receptionist soprappeso di un YMCA di città, o con il simpatico ragazzo ammiratore sfegatato dei creatori di Google, nativo-americano discendete degli Apache che abbiamo conosciuto venerdi’ ad una festa? O con Donald Trump? Nulla, ovviamente. Eppure tutti sono americani, e molto più rilevante, si sentono americani. Non ho mai studiato sociologia, ma vivere qui ti arricchisce più di mille manuali, anche se non basta una bandiera in comune a fare tutti uguali di fronte alla legge ed a pregiudizi. E chi ha visto al cinema l’ottimo Crash, forse capirà a cosa mi riferisco.

Finita la pausa semi-seria, segue breve descrizione degli highlights della nostra vita a Baltimore.
Luce cresce più rigogliosa che mai, ha ormai optato per una dieta a base di carne e fagioli (che mangia come caramelle – mentre queste ultime non le piacciono per niente, per fortuna) e ha mancato, per colpa della sua mamma stordita, la tradizione pasquale degli Easter bunnies che nascondono ovetti di cioccolato in casa. Per quel che mi riguarda, se v’interessa per carità, mi sento rinvigorita dalla mio ritrovato smagliante tono muscolare (che, chissà perché, non riesco a ricordare quando avevo perso...) grazie alle sessioni quotidiane di palestra, dove oltre al conteggio delle calorie che brucio per esercizio mi danno anche dei punti (sono a 1600, il primo traguardo – con annessa affissione del nome sulla bacheca comune – è a 100.000!), ed ho ricevuto la prima richiesta di lezioni private di italiano da una coppia di ricercatori interessati a mettere su un “survival kit” di frasette per un viaggio in Italia in autunno. Oltre a ciò, Luigi ed io forse parteciperemo ad uno studio della Hopkins retribuito e cosi’ a forza di prelievi e survey da compilare raggranelleremo qualche spicciolo in più come i barboni… a proposito, con una cifra da capogiro ci siamo assicurati il viaggio in Italia quest’estate… un mese io e Luce (dal 9/7 al 7/8), quindici giorni solamente per il Mulo da soma, in cui cercheremo ovviamente di farci almeno quei soliti 1500 kilometri fra Torino-Gressoney-Trieste-Liguria-Toscana… e con mia enorme gioia farò per la prima volta l’esperienza di trasvolare l’oceano sola con Luce e visto che questa volta non potrò drogarmi col Lexotan, forse sarà l’occasione per farsi furba, come dice Luigi che già ghigna al pensiero...
Si segnalano infine nuovi programmi televisivi come "God or the girl" che segue con incredibile morbosità (e più di una tentazione sotto forma di pettoruta volontaria) i tormenti interiori di giovani seminaristi alla soglia dei voti, "Skeleton stories" che indaga, partendo dal ritrovamento di ossa nel giardino di casa, sulla vita e morte (violenta, quasi sempre) dei loro proprietari, e "Honey we're killing the kids", che fa vedere a genitori, evidentemente poco attenti alla dieta, come saranno i loro figli se continueranno a crescerli a base di play station e patatine. Per finire, ieri sera guardavo un documentario su di una popolazione della Nuova Guinea, la cui pagina nera di avvertenza prima dell'inizio metteva in guardia gli spettatori sulla possibile sgradevolezza e scabrosità di certe immagini. Fortunatamente i poveri primitivi ignudi si erano provvisti- forse conoscendo la pudicizia degli americani- di compostissimi gonnellini di fiori di banano....

Vi bacio tutti, a presto carissimi.

mercoledì 5 aprile 2006

Le gemelle riunite

Con l’apparizione di Bianca e mio padre in America ed il primo vero “viaggetto” a New York inizia la nostra primavera, aiutata anche dal tripudio di alberi in fiore per le vie di Baltimore e dall’ennesimo “guizzo” di iniziativa che mi e’ preso mentre guidavo indietro dall’aeroporto, lunedì, con la tristezza nel cuore e la voglia di non lasciarsi sopraffare dall’America in casa e l’Italia così lontana.


Bianca e mio padre: un pezzo (in effetti i due terzi) della mia famiglia trasvolata qua per girare per casa, seguire Luce con le sue faccette da tenera bisbetica, in una frase, per accompagnarci lungo un piccolo segmento nella nostra nuova vita. Era ormai diventata una necessità, un bisogno impellente, questa conferma che siamo sulla strada giusta, ed il calore che ci hanno portato dalla e dell’Italia (con il parmigiano ed il Venerdì di Repubblica), costituisce una bella dose di carburante per il futuro. Oltre a gongolarci della rispettiva vicinanza, abbiamo girato in lungo e in largo tutto quello che questa ridente cittadina sulla Chesapeake bay può offrire, scoprendo tra l'altro, da "turista", un sacco di bei posti dove non ero mai stata (un giardino rigogliosamente fiorito qua vicino dove si può svaccare coi bambini, un cafe' gestito da una parigina lungo il molo in centro dove posso ordinare pain au chocolat in francese), e spingendoci in gita fino a DC, dove abbiamo fatto il solito tour tra le statue dei padri fondatori della nazione, la mitica Georgetown ed i verdi quadri di una mostra su Cezanne. Com’era prevedibile, quella belva assatanata di mia sorella mi ha costretto a forsennate corse in quasi tutti i mall della contea, con la scusa dei regali per Lucina e la curiosità su cosa si mettono di trendy gli americani (cioe’ nulla, confermando che quanto a trends forse ne sanno piu’ a Moncalieri) e mio padre ha riassaporato dopo qualche anno il gusto degli “ambürgher” come li chiama lui, e mentre con gli untissimi brunch si alzava vertiginosamente la sua soglia del colesterolo, lui andava a correre con gps al braccio e il cappellino da baseball nel campus qua vicino, guadagnandosi la stima, per i suoi 68 anni -ammetto- portati da ragazzino, anche dei più consumati joggers.
E poi New York: si dice che si vede Roma e poi si muore, ma io sono convinta che anche a New York si debba stare una volta nella vita, perché è talmente unica che finché non sei lì dentro, pigiato fra la gente ed i grattacieli, non si capisce quanto è bella. L’ultima volta che ci sono stata avevo 17 anni e l’unica cosa che mi ricordo era seguire come un segugio la mappa per trovare un negozio che vendesse le Sebago. A New York non devi guardare per terra, devi camminare facendo finta di avere gli occhi al posto dei capelli. Perché a parte lo shopping ed i locali ultra chic, le luci di Times square (che pure ti abbagliano come un bambino), le montagne di cemento e vetro ed i torrenti di facce di tutte le razze, religioni e ceti che ti circondano, New York ti offre anche tutto il resto, una sfilza di musei che comprendono gran parte dell’arte mondiale, mille angoli, palazzi bellissimi, università e monumenti che ti ricordano libri, film, politica ed economia, la zona di Soho che con la sua architettura post-industriale e la vivace vita modaiola dei locali e delle gallerie ti insegna che connubi così funzionano davvero, un parco meraviglioso, quello "Centrale", che non puoi credere sia lì in mezzo, con laghi e prati che sembrano Valle stretta se li guardi orizzontalmente ma appena alzi lo sguardo e vedi tutti quei grattacieli intorno ti chiedi chi è il genio che lo ha progettato e che ti può anche riservare mentre passeggi in mezzo alla gente spaparanzata sull’erba a leggere e studiare in un caldo pomeriggio di fine marzo, incontri ravvicinatissimi con Moby e il vero Dr. Green di ER con look ultra-sportivo e famiglia al seguito…basta, ho eletto mio luogo ideale per vivere (e sono sicura, peraltro, che Luce sia entusiasta dell’idea) una capanna degli attrezzi di fianco allo zoo, con entrata praticamente da Fifth avenue, vista sui boschi di Central Park ed i curiosi individui che li frequentano e ho già detto a Luigi che farò di tutto per realizzare questo progetto, magari da vecchietta… scusate se mi sono fatta trascinare dall’ebbrezza… non a caso New York e’ la meno americana delle città americane e molti americani intolleranti giurano che per questo non intendono metterci piede, anche se abitano in New Jersey. Dimenticavo, New York produce anche un giornale –The New Yorker- che è veramente figo.
La nostra dolce blond monkey ci ha seguito ovunque e sta diventando sempre di piu’ pretenziosa quanto a intrattenimento… forse dovremo calare un po’ di livello, sennò la prossima volta al posto di andare ai giardini di fianco a casa mi chiederà di portarla alla ruota panoramica che c’e’ dentro il mega-store di Toy ‘r' us di Manhattan… Con una sontuosa cena a base di Rib-eye e filet mignon con mio cognato Giovanni (anche lui, diciamo, in città per lavoro), un servizio fotografico con sfondo la Statua della Libertà degno dell’agenzia Magnum che a NY risiede ed una divertente sosta in un ristorante country lungo la I-95 sulla strada del ritorno, si è conclusa questa parentesi familiare, trascorsa per la gran parte nella casa della trentatreesima, che mi rimarrà sempre nel cuore come il “family trip” più goduto, sugoso ed intenso degli ultimi anni.

Per tornare al tran-tran di tutti i giorni, ricevo sempre più gratificazioni dalla mia classe di italiano, pur assottigliata (ma sono rimasti i piu’ convinti: le madame della Baltimora bene, i vecchietti appassionati d’opera e gli studenti alternativi), tanto da voler mettere su dei piccoli corsi in gruppo che ho promosso con frasi sul volantino tipo “learning Italian as a brand new intellectual experience”, puntando su chi magari quest’estate ha in progetto una vancanza dalle vostre parti… Luce ha sperimentato, con la prima influenza americana, le medicine preparate dal farmacista con il suo nome sulla boccetta ed un’attirante gusto al lampone, che si può scegliere fra i venti proposti –credo anche il pollo ed il cioccolato- e non si è per nulla scomposta alle maratone che le abbiamo fatto fare lungo la East coast. Abbiamo in programma, vista ormai la sua indole da piccola esploratrice, di portarla prima o poi a fare il tipico –e per una volta, non urbano- viaggio in campeggio della famiglia americana, con marshmellows sciolti sul fuoco e avvistamento di orsi fuori dalla tenda…
Come molte mamme moderne oggi ho poi cominciato la mia prima session di fitness nella mega-palestra del YMCA, dove ho deciso di recarmi -udite, udite- tutte le mattine! Lo so che i più non mi crederanno. Ed effettivamente aggirandomi spersa tra le diaboliche macchine trita-muscoli il mio ciuffo giallino di capelli e la mia pelle bianco-lattea risaltavano non solo come macchia di colore ma come perfetto travestimento alla Bridget Jones, emerso soprattutto quando mi sono messa in azione sul "pro-treadmill" con la goffaggine che, sapete, mi contraddistingue. Ho chiarito al personal trainer (che mi e’ stato subito affidato insieme ad un complicatissimo programma computerizzato che controllerà i miei progressi) che sono “really out of shape”, vedremo cosa sarà capace di fare di me nei prossimi mesi…
Fra quattro giorni voi voterete per cambiare Governo, mentre noi siamo stati privati del sacrosanto diritto formalizzato nel ‘92 con il voto degli italiani all’estero per corrispondenza, per la svogliatezza di una travet del Comune di Gressoney che non ha mandato avanti la pratica. Con la rabbia nel cuore, è comunque interessante seguire il dibattito politico da quaggiù, dove come prima cosa i giornali americani fanno risaltare la “vecchiaia” dei due pretendenti alla poltrona da premier (chiunque vinca, sarà il più anziano d’Europa) collegandola all’abitudine ormai consolidata degli italiani di fare tutto “tardi” rispetto agli altri paesi. E’ retorico dire che vivere all’estero ti fa vedere con più oggettività come siamo fatti e per una volta, di fronte agli americani che spesso ho snobbato, ho dovuto convenire dentro me stessa che l’Italia è un gran bel paese, sì, ma pieno di contraddizioni e, concedetemi la battuta... (spero) di coglioni!



ps. scusate l'abbondanza di foto...ma questa volta erano così belle...

mercoledì 15 marzo 2006

Basic Bocce

Notizie dalla tretatreesima: ho guadagnato i miei primi 78 dollari!
Da giovedì scorso tengo ufficialmente un corso di “Exploratory Italian for adults” e sono già stata anche chiamata per la sostituzione di un’altra insegnate per il corso di “Italian for children”, che devo, dire, mi ha divertito molto di piu’.
Per capire il contesto, eccovi gli elementi. Prima di tutto, il posto: Chiesa parrocchiale Saint Leo di Little Italy, Centro di insegnamento degli adulti “Rev. Oreste Pandola” (da qua l’affettuoso nome “Pandola’s school”, che non so come mai ma mi ricorda piu’ “Amici miei” che una scuola di lingue). Essendo la zona una delle più tristi e spoglie della città, non mi aspettavo certo le strutture della Cattolica. Ma dove faccio lezione io il giovedi’ sera sembra proprio di essere stati catapultati indietro di 50 anni, perche’ tutto, l’arredo, l’odore, i torvi personaggi che si aggirano per la grande sala-oratorio sotto la chiesa, corrispondono assolutamente a quelli del mio immaginario sugli emigrati italiani degli anni 50, a cominciare dalle foto in bianco e nero del Vesuvio, quelle delle navi con i dimessi connazionali in arrivo ad Ellis Island, i ritratti di loschi benefattori in posa da “Il padrino”… per finire con le tovaglie a quadretti rossi sui tavoli e le statuette dei santi sui davanzali. Per farvi capire il generale squallore e la malinconia del luogo, vi dico solo che gli altri corsi proposti dal centro, testuali parole dal depliant, sono “Basic Bocce”, “How to make a real Lemoncello” e “Introduction to sausage making”!

La direttrice: Rosalie-Rosalia, una suora laica -italiana come io ho discendenze russe-, e’ molto precisa e orgogliosa del suo lavoro. In effetti offre l’unico modo per i nipoti degli immigrati, di rituffarsi un pochino nella lingua dei loro antenati e nella cultura del loro sangue. Continua a chiamarmi e a presentarmi a tutti come “Dottore Girardi”, sperando che l’uso del titolo mi faccia sentire piu’ nel ruolo e mi rassicura dicendo che quasi mai chi fa il corso base continua in quello avanzato. Io sono andata alla prima lezione (18 partecipanti, tutti americanissimi che non hanno alba, come se disi a Trieste, neanche delle più elementari parole tipo Buongiorno e grazie) preparandomi discorsi in inglese “di scoperta” sulle regioni d’Italia, Verdi, la moda e l’arte, sperando che l’effetto-olimpiadi li avesse fatti appassionare alla musicalità della nostra lingua, ma loro niente: volevano solo sapere perché ogni tanto coi nomi maschili si usa “il” e ogni tanto “lo” e perché certe parole che finiscono con “e” sono femminili e altre maschili. Insomma: regole, regole e regole, come ogni buon americano è abituato ad esigere e a seguire da quando nasce. Sapete bene che in un linguaggio come il nostro (e soprattutto se la grammatica e l’ortografia le hai studiate l’ultima volta con la cara Maestra Bargis in quinta elementare) sono piu’ le eccezioni che ti ricordi… tuttavia non mi sono persa d’animo e ostentando competenza li ho confusi dando la colpa allo storpiamento del latino in epoca romanza ed ai vari dialetti mischiati ad altre lingue, ripromettendomi di imparare a memoria i prossimi capitoli dell’ insostituibile testo “Italiano, prego!” che finalmente Rosalie mi ha consegnato alla fine delle due ore… Comunque conoscere la comunita’ italo-americana e’ interessante, ma fa anche venire una grande tristezza, perche’ oramai quasi nessuno sa parlare piu’ l’italiano ed i piu’ volenterosi, quelli giovani nati gia’ qua da genitore emigrato, non hanno spesso che qualche parola in stretto dialetto calabrese per esercitarsi a casa…
Un po’ sconsolata, ieri mi sono lanciata in macchina al vicino mall in cerca di un paio di scarpe mettibili, visto che tra l’altro qua ieri c’erano 30 gradi. Impresa non facile, dal momento che qua ai piedi si mettono di tutto meno che delle scarpe, preferendo le notoriamente comode (soprattutto per guidare) infradito appena esce un raggio di sole, le “sneakers” da ginnastica di ogni modello e le rassicuranti ciabatte-zoccoli, che vedi ad una persona su due in giro, e’ incredibile… questo fregarsene della moda e delle firme forse gli fa onore, ma ogni tanto non posso proprio credere che non abbiamo nulla di più carino da mettersi che le ciabatte, la tuta a cavallo basso e le T shirt extra large… look che va per la maggiore soprattutto fra la comunita’ nera, e che viene completato con l’uso del cellulare tipo radio della polizia (quasi tutti parlano nel cellulare guardandolo di fronte, con il viva voce, ed ignorano l’uso degli sms), l’andamento da cowboy del Wyoming ed una cup di caffe’ ustionante nell’altra mano. Luigi ed io abbiamo a questo riguardo inventato uno sport, che viene particolarmente bene al mall la domenica pomeriggio seduti sulla panchina di fronte al fast food, di “ciccione-spotting” , trovando sempre nuovi aggettivi per esprimere la nostra repellenza nei confronti dell’obesita’ imperante, soprattutto fra i giovanissimi, ed augurandoci che Luce cresca nana, calva, di carnagione lattea ma non cicciona.
Per accentuare ed esasperare il sentimento di non appartenza a questa comunita’, domenica sera abbiamo festeggiato la nostra amica Alessia per il suo compleanno, facendo una cena tutta italiana ed invitando esclusivamente italiani, con dibattiti in terrazzo sulla campagna elettorale, angoli di ascolto dell’intera discografia di De Andrè e programmazione a maggio di un torneo di pinnacola. Forse stiamo esagerando… mi impegno ad essere più cittadina del mondo e mi auguro che gli americani ci riservino delle altre sorprese. Per un rapido aggiornamento sull’offerta televisiva (sapete che mi piace guardarla), v’informo che questi ultimi giorni mi sono imbattuta in un bel programma sui viaggi (“Stranded with Cash Peters”, un genio che gira il mondo senza soldi nel portafoglio e facendosi pagare tutto dagli altri), un documentario raccapricciante sulle “special delivery” –le nascite con complicanze- in diretta sponsorizzato dalla Huggies (con cesto di prodotti in bella vista in sala parto!) con il presentatore che si arrabbia se la povera Crista non s’impegna dando alla luce il suo piccolo prima della pubblicita’, e ogni genere di reality tipo quello delle taratole sulla pancia (The fear factor) o Super nannies, una baby sitter della famosa scuola inglese che prova a mettere in riga una giovane mamma americana ed i suoi piccoli selvaggi vivendo con lei per un mese. Fra dieci giorni Bianca sarà qui e io le sto organizzando, per non smentirmi, un tour che toccherà giorno per giorno tutte le tappe principali della nostra vita americana, con strabilianti escursioni a Washington, Philadelphia e New York.
Infine Luce. La nostra piccola impavida ci sta davvero riempiendo d’orgoglio. Non solo non si e’ scoraggiata di fronte al nuovo rigore scolastico e l’innegabile difficolta’ di adattamento, ma ci fa pure i teatrini, quando arriva a casa, di quello che dice ai suoi compagni –con annessa gestualità-, naturalmente in una lingua che sa solo lei, facendo la pronuncia che mi ricorda la mia di quando cantavo a dieci anni “Munlaisciadou” senza sapere ovviamente quello che dicevo e aggiungendo poi in italiano tutta orgogliosa che lei picchia chi le da’ i calci e che poi chiede scusa, “sourri”, come dice lei… mentre e’ stata istruita a dire ferma alla maestra Miss Denita che si ostina a chiamarla Lucii, “No, my name is Luceee!”, che non so, la fa sempre ridere.

Ora ho scritto troppo e come sempre in maniera sconclusionata. E’ davvero una terapia riassumere per voi tutte le mie sensazioni e immaginare le reazioni. Mi aiuta a sdrammatizzare la’ dove devo ed a riflettere su quello che a prima vista mi fa solo sorridere. Infine, sono contenta che si sono aggiunti vecchi amici alla mailing list, il che mi fa un po’ paura, perche’ ho il terrore che questo lungo racconto, incominciato davvero per puro divertimento, deluda chi è abituato a fare ben altre letture. Non e' certo per fare esercizi di stile, che scrivo, ma per sentirvi piu' qua con noi.

Elisabetta

venerdì 24 febbraio 2006

It's Amaaaaazing!

IT’S AMAAAAAAZING!: Questa è la parola più sentita da quando sono cominciate le Olimpiadi. La NBC trasmette ogni sera il telegiornale (americano) e le previsioni del tempo (americane) da Piazza San Carlo ed e’ tutto così surreale… hanno trasferito a Torino più di 30 anchormen, gasatissimi e preparatissimi, che coprono di tutto, dalle gare e cerimonie ufficiali (facendo sentire tutti gli inni peraltro) alle gag al ristorante con lo yankee di turno che ordina il caffe’ prima dell’antipasto solo per vedere la faccia smarrita del cameriere, dal bobbista del Montana devoto a PierGiorgio Frassati in preghiera ai piedi del Duomo, alle inquadrature sullo chef torinese che prepara la carbonara (il cui ingrediente segreto, abbiamo scoperto da loro, è la menta!): insomma, ogni scusa è buona per parlare del “warmest” degli italiani, dell'accoglienza dei torinesi e della loro eleganza composta, di Gucci e del tartufo, del Barocco piemontese e di Tomba, del Barolo, di Piazza castellllo e dei fettuccini Alfredo (che da noi, gli ripetiamo sempre, non esistono), facendo ovviamente una grande, ma dopotutto spassosa, confusione. L’altro giorno per esempio abbiamo assistito ad un collegamento-siparietto sotto la statua di Emanuele Filiberto con Bob Costas (il Bisteccone Galeazzi americano, ma più autorevole) che cercava di raccontare le gesta di questo eroe del risorgimento piemontese ed il suo collega ad Atlanta che gli chiedeva ghignando: “Tell me more about this Emmmanuel Philibert”… Ed oltre ovviamente ai pipponi (con tanto di mini-film monografici dello sponsor di turno prima di ogni gara) sui loro venerati eroi come Bodiii Miller e Sasha Cohen, il Flying Tomato, Apolo e Hedrick, indugiano pure sulle storie strappalacrime di quelli meno famosi (anche non americani), con una predilezione per quelli ormai vicino al ritiro, con un passato di maltrattamenti, un padre in prigione e almeno una dialisi alle spalle.
Non c’è niente da fare: gli americani si esaltano per questo genere di cose e noi con loro. Del resto, per noi è talmente un supplizio assistere da semplici spettatori a tutto quello che voi avete laggiù che un po’ di Holliwood a Torino, la sera, in prime time, ci rallegra le giornate. La fighissima cerimonia d’apertura – di cui infatti i giornali americani hanno osannato soprattutto l’”orgoglio italiano” - ci ha riempito di fierezza di fronte agli amici che erano venuti a vederla qua (abbiamo superato le 14 nazionalità rappresentate, con ola a tutte le entrate delle squadre interessate), ma nello stesso tempo fatto sentire, per la prima volta, nel profondo del cuore e pungente come un bisturi piantato nello stomaco, la sensazione d’essere emigrati. Alla bambina dell’Antoniano che cantava Mameli sono scese lacrime a due italiani su tre fra i presenti (io le avevo già versate il pomeriggio sui servizi di Gianfranco Bianco in internet), così come alla visione della Belmondo che accende il braciere e lancia Torino nell’Olimpo delle città universalmente conosciute, “the Centre of the World” come ogni sera richiama il sottotitolo alla sigla d’apertura del collegamento olimpico della NBC. Pare che tutti adesso vogliano fare le vacanze a Torino. Chi l’avrebbe mai detto che sotto i portici scrostati di Via Po ed i vicoli buii del quadrilatero si sarebbero aggirati turisti in infradito entusiasti con la Lonely Planet sotto braccio, non più con la scritta “Northern Italy” in copertina, ma con “Turin and the rest of Italy”???

Ad ogni modo cerchiamo di proseguire la nostra vita nonostante il pensiero fisso a Torino ed ai nostri atleti. Mentre Luigi, che ha avuto per un po’ il barbone da talebano e si e’ adeguato allo stile sciatto-grunge dei suoi colleghi, gode immerso nelle sue analisi (e fatico ormai a discernere se e’ diventato un vero nerd/geek o se e’ solo cerro…) e Luce fa esercizi linguistici all’asilo, io mi perdo nelle mie giornate da casalinga (in questo caso, davvero disperata), in attesa di un lavoro figo che forse non verrà mai, delle prime lezioni di italiano che incomincerò a marzo e dell’arrivo della primavera, che porterà qua dall’Italia Bianca e mio padre. Fra una lucidata al letto d’ottone ed una teglia di brownies mi allieto con un po’ di lettura (Bill Bryson e’ il mio nuovo guru, se potete compratevi un suo libro... altro che lo spocchioso Severgnini), il giardinaggio quando non c’e’ la neve e con l’immancabile televisione, che nella pause tra un collegamento olimpico e l’altro mi ha offerto, ieri per esempio, un documentario sulla tragica fine che hanno fatto i protagonisti di Arnold e l’ennesimo programma sulla fissa della chirurgia plastica dei californiani (oramai sono un’esperta: ho imparato per esempio che qui le tette si rifanno passando con un tubo dall’ombelico e che va di modissima il chin-implant, ovvero la correzione del mento), cercando invano di difendermi dall’assalto continuo della pubblicita’ (però in questo periodo ce ne sono molte carine sui giochi) e da Luce che ormai ha già memorizzato tutto il palinsesto delle otto e mezza di sera dei 10 canali per bambini...
Ci sono certe cose che in compenso stanno facendo perno sulla mia pigrizia e a cui so che non potrò più rinunciare, tipo la cassiera che impacchetta per te la roba nei sacchetti, il bancomat all’interno di ogni negozio -persino il Deli indiano sfigatissimo qua di fianco- per non far sfuggire nessun acquirente, i parcheggi larghi 4 metri, il contasecondi al semaforo pedonale, il tritatutto nello scarico del lavandino (dove ogni sera e’ un divertente esperimento: il cucchiaio di plastica di Luce lo farà esplodere??)… o altre proprio goduriose tipo i pancakes il sabato mattina e i colossal burger con una montagna di patatine croccantissime. Luigi dice che per quanto ne sa lui, non dovro’ preoccuparmi di rinunciarci tanto presto…, d’altronde, dopo aver superato con un certo successo i sei mesi di residenza all’estero, con Luigi che ha chiesto un finanziamento per le sue ricerche al Ministero della Difesa (e per un progetto sulla prostata: ma che c’entra???) e Luce che incomincia a dirci mentre fa l'occhiolino “you know” e “come on” e ogni giorno torna a casa chiedendomi di invitare da noi i suoi compagni dai nomi impronunciabili (Numo, Artez, Aniia, Yoming): come potrei strapparli via da un simile quadretto???
Perchè, come on… tutto sommato, you know… vivere in America….

e’ troppo AMAAAAAAZING!

giovedì 26 gennaio 2006

Dove eravamo rimasti?

Siamo tornati a casa. Perchè questa, anche se lasciare Torino una fredda mattina di gennaio e’ stato straziante (soprattutto adesso che sara’ al centro del mondo), e’ la nostra casa, ormai. La vacanza in Italia tuttavia ci ha ricaricato, e mi ha permesso di tornare riconciliata con Baltimora, e con gli americani.
Da quando siamo tornati infatti sono cambiate molte cose, primo fra tutti il mio sentimento di appartenenza, seppure da “alien” (come ci tengono a precisare sinistramente in tutti i documenti), a questo paese. Dopo il tourbillon delle vacanze natalizie, l’immersione effimera nella vita quotidiana delle nostre famiglie, i sorrisi e le varicelle dei nostri nipoti, le camminate sotto il Monte Rosa, i bagordi nizzardi con i futuri coniugi Cutaia, le scorpacciate di pizza, farinata, gnocchi e macine ed il solito viaggio sul mezzo di trasporto piu’ terrificante che c’e’ - l’aereo, che all’andata ci ha anche riservato l’agghiacciante esperienza di un morto d’infarto in cabina, nel bel mezzo dell'Atlantico - ci aspettava la nostra casa: le montagne di pubblicita’ nella buca delle lettere, la nuova targa della macchina, l’inaspettato clima primaverile ed i mille progetti che spero in questo paese si avvereranno.
La novita’ in assoluto e’ che Luce e’ stata ammessa al vicino asilo del YMCA (quello della canzone, ma non ho ancora capito che cos’e’, so solo che e’ molto meno caro degli altri e molto organizzato), un posto molto bello traboccante di libri, giochi, colori e un giardino che e’ meglio di Disneyland, dove si puo’ finalmente scatenare con i suoi amichetti del ghetto (nella sua classe lei e una cinesina sono le uniche bimbe bianche) e provare il divertente esperimento linguistico di sentire l’inglese e parlare imperterrita l’italiano, innescando risate a catena prima delle sue maestre, poi dei suoi amichetti ed infine le sue… e io mi sento finalmente una mamma americana a tutti gli effetti, che le prepara il sandwich da mettere nella lunch-bag, “piu’ americana di una di Baltimore” mentre attraversa fiera, per andarla a prendere, la via molto folkloristica (per usare un eufemismo…) che una volta mi faceva rabbrividire anche solo sbirciare da lontano… no, adesso mi sento una di loro, non importa se non e’ reciproco...

E se in mezzo ad uno YO MA’M rappato Luce imparerà parole di grande valore come “respect” (deriva dalla tradizione martinlutherkinghiana ed e’ giustamente molto sentito per la comunità afro-americana), “believe” (che e’ scritta ovunque sui muri, non chiedetemi l’origine) “caring” (che l’aiutera’ a essere meno viziata, era segnato oggi nel suo report come concetto della settimana), ben venga, tanto dall’altra intuirà che esistono anche bimbi diversi, tipo quelli fighetti che frequentiamo (tutti wasp, ovviamente) al corso di Music Together, dove in realta’ andiamo perche’ mi esalta la liberta’ di poter fare, con la scusa dei bambini che fanno casino, vocalizzi imbarazzanti con la maestra –ex jazzista- Susan.
Per non rimanere a casa a fissare i muri mi sono dunque messa a cercare lavoro con grandi attese, e per ora non ho in mano nulla, solo qualche contatto per insegnare l’italiano – nella chiesa di Little Italy dove c’e’ un prete che sembra Al Pacino e nel centro di studi italiani di una signora sarda molto chiccosa, che a dire la verita’ mi ha proposto anche di tenere dei corsi di cucina ed era intenerita dal fatto che cantassi, spero che non mi faccia fare le due cose insieme…- e confesso che mi godo abbastanza le mattine da casalinga in solitudine, a scrivere email mentre ascolto Viva Radio Due con Fiorello su internet fra un bucato, una schifezza da mangiare e i raptus da giardiniera… Nel frattempo abbiamo festeggiato i 33 anni di Luigi in un ristorante afgano molto in voga in citta’, ho fatto la mia prima uscita solo donne a vedere i cowboys gay, siamo stati a visitare finalmente Washington – o DC, come la chiamano gli intimi qua- che ci e’ piaciuta molto (nella foto notare come Luce did truly enjoy the trip) e mi ha fatto per un secondo rimpiangere di non abitarci (poi quando ho visto i prezzi delle casa ho subito ricambiato idea). Sta poi prendendo corpo anche il giro delle amicizie, con la new entry di un napoletano simpaticissimo che lavora alla NASA con moglie brasiliana e figlia Olivia poco piu’ piccola di Luce, l’intensificazione dei rapporti con gli italiani della pizza e le cene con l’amico americano di Luigi che fa il biostatistico-pittore. Sabato sera abbiamo invece un invito a festeggiare il Capodanno Cinese-l’Anno del Cane da due colleghi carini della Hopkins, che prima di cena ci terranno anche un corso di ravioli, ovviamente cinesi… non vedo l’ora di vivere l’esperienza etno-culinaria.

Con il mio social security number (e’ incredibile, le cose adesso vanno molto piu’ velocemente, abbiamo perfino ricevuto la prima offerta di carta di credito) e il nuovo abbonamento a Time, e’ arrivata anche l’FBI a casa, che sta investigando sul vicino di casa –quello con la band, secondo me al massimo lo cercano per spaccio di marijuana al college… almeno spero!- un agente mi ha sfoderato il doppio tesserino con lo stemma, proprio come nei film, ed io ero talmente emozionata che non ho neanche ascoltato i racconti sulle nefandezze che avrebbe fatto il soggetto...

Ora vi lascio. Spero di aver colmato in parte il vuoto lasciato negli affezionati le ultime settimane. Scriveteci sempre, mi raccomando, anche se siamo dei pessimi amici.

Elisabetta

Dimenticavo la chicca… una foto che tanti aspettavano… i truzzi ci sono anche qua, e sono quelli che appena ne hanno la possibilita’ approfittano delle cosiddette “americancazzate”…