giovedì 26 gennaio 2006

Dove eravamo rimasti?

Siamo tornati a casa. Perchè questa, anche se lasciare Torino una fredda mattina di gennaio e’ stato straziante (soprattutto adesso che sara’ al centro del mondo), e’ la nostra casa, ormai. La vacanza in Italia tuttavia ci ha ricaricato, e mi ha permesso di tornare riconciliata con Baltimora, e con gli americani.
Da quando siamo tornati infatti sono cambiate molte cose, primo fra tutti il mio sentimento di appartenenza, seppure da “alien” (come ci tengono a precisare sinistramente in tutti i documenti), a questo paese. Dopo il tourbillon delle vacanze natalizie, l’immersione effimera nella vita quotidiana delle nostre famiglie, i sorrisi e le varicelle dei nostri nipoti, le camminate sotto il Monte Rosa, i bagordi nizzardi con i futuri coniugi Cutaia, le scorpacciate di pizza, farinata, gnocchi e macine ed il solito viaggio sul mezzo di trasporto piu’ terrificante che c’e’ - l’aereo, che all’andata ci ha anche riservato l’agghiacciante esperienza di un morto d’infarto in cabina, nel bel mezzo dell'Atlantico - ci aspettava la nostra casa: le montagne di pubblicita’ nella buca delle lettere, la nuova targa della macchina, l’inaspettato clima primaverile ed i mille progetti che spero in questo paese si avvereranno.
La novita’ in assoluto e’ che Luce e’ stata ammessa al vicino asilo del YMCA (quello della canzone, ma non ho ancora capito che cos’e’, so solo che e’ molto meno caro degli altri e molto organizzato), un posto molto bello traboccante di libri, giochi, colori e un giardino che e’ meglio di Disneyland, dove si puo’ finalmente scatenare con i suoi amichetti del ghetto (nella sua classe lei e una cinesina sono le uniche bimbe bianche) e provare il divertente esperimento linguistico di sentire l’inglese e parlare imperterrita l’italiano, innescando risate a catena prima delle sue maestre, poi dei suoi amichetti ed infine le sue… e io mi sento finalmente una mamma americana a tutti gli effetti, che le prepara il sandwich da mettere nella lunch-bag, “piu’ americana di una di Baltimore” mentre attraversa fiera, per andarla a prendere, la via molto folkloristica (per usare un eufemismo…) che una volta mi faceva rabbrividire anche solo sbirciare da lontano… no, adesso mi sento una di loro, non importa se non e’ reciproco...

E se in mezzo ad uno YO MA’M rappato Luce imparerà parole di grande valore come “respect” (deriva dalla tradizione martinlutherkinghiana ed e’ giustamente molto sentito per la comunità afro-americana), “believe” (che e’ scritta ovunque sui muri, non chiedetemi l’origine) “caring” (che l’aiutera’ a essere meno viziata, era segnato oggi nel suo report come concetto della settimana), ben venga, tanto dall’altra intuirà che esistono anche bimbi diversi, tipo quelli fighetti che frequentiamo (tutti wasp, ovviamente) al corso di Music Together, dove in realta’ andiamo perche’ mi esalta la liberta’ di poter fare, con la scusa dei bambini che fanno casino, vocalizzi imbarazzanti con la maestra –ex jazzista- Susan.
Per non rimanere a casa a fissare i muri mi sono dunque messa a cercare lavoro con grandi attese, e per ora non ho in mano nulla, solo qualche contatto per insegnare l’italiano – nella chiesa di Little Italy dove c’e’ un prete che sembra Al Pacino e nel centro di studi italiani di una signora sarda molto chiccosa, che a dire la verita’ mi ha proposto anche di tenere dei corsi di cucina ed era intenerita dal fatto che cantassi, spero che non mi faccia fare le due cose insieme…- e confesso che mi godo abbastanza le mattine da casalinga in solitudine, a scrivere email mentre ascolto Viva Radio Due con Fiorello su internet fra un bucato, una schifezza da mangiare e i raptus da giardiniera… Nel frattempo abbiamo festeggiato i 33 anni di Luigi in un ristorante afgano molto in voga in citta’, ho fatto la mia prima uscita solo donne a vedere i cowboys gay, siamo stati a visitare finalmente Washington – o DC, come la chiamano gli intimi qua- che ci e’ piaciuta molto (nella foto notare come Luce did truly enjoy the trip) e mi ha fatto per un secondo rimpiangere di non abitarci (poi quando ho visto i prezzi delle casa ho subito ricambiato idea). Sta poi prendendo corpo anche il giro delle amicizie, con la new entry di un napoletano simpaticissimo che lavora alla NASA con moglie brasiliana e figlia Olivia poco piu’ piccola di Luce, l’intensificazione dei rapporti con gli italiani della pizza e le cene con l’amico americano di Luigi che fa il biostatistico-pittore. Sabato sera abbiamo invece un invito a festeggiare il Capodanno Cinese-l’Anno del Cane da due colleghi carini della Hopkins, che prima di cena ci terranno anche un corso di ravioli, ovviamente cinesi… non vedo l’ora di vivere l’esperienza etno-culinaria.

Con il mio social security number (e’ incredibile, le cose adesso vanno molto piu’ velocemente, abbiamo perfino ricevuto la prima offerta di carta di credito) e il nuovo abbonamento a Time, e’ arrivata anche l’FBI a casa, che sta investigando sul vicino di casa –quello con la band, secondo me al massimo lo cercano per spaccio di marijuana al college… almeno spero!- un agente mi ha sfoderato il doppio tesserino con lo stemma, proprio come nei film, ed io ero talmente emozionata che non ho neanche ascoltato i racconti sulle nefandezze che avrebbe fatto il soggetto...

Ora vi lascio. Spero di aver colmato in parte il vuoto lasciato negli affezionati le ultime settimane. Scriveteci sempre, mi raccomando, anche se siamo dei pessimi amici.

Elisabetta

Dimenticavo la chicca… una foto che tanti aspettavano… i truzzi ci sono anche qua, e sono quelli che appena ne hanno la possibilita’ approfittano delle cosiddette “americancazzate”…