giovedì 17 gennaio 2008

La fine di un blog

So che puo’ sembrare un po’ una parafrasi... ma mi prendo una pausa dal blog per... incominciare a scrivere. Veramente.

L’idea, che Luigi definisce ironicamente “Cronache del risveglio di una coscienza. Ovvero lo zibaldone di una casalinga filosofa (psicologa, psicopatica?)”, era invece covata da tempo, ma mi e’ apparsa nella sua semplicita’ e limpidezza solo ieri.

Adesso dunque devo tirar fuori le palle per compiere un’impresa. L’impresa di un libro, forse, che per ora potrebbe esaurirsi semplicemente in una raccolta di pensieri sconclusionati legati alla mia condizione qua (che col blog e’ nata) ma che potrebbe diventare un'altra chicca: un libello di critica della nostra societa’, una guida turistica, un diario coi racconti d’infanzia, un romanzo basato sui personaggi che ho conosciuto, o addirittura una favoletta... chi puo’ dirlo adesso, sono talmente tanti i generi a disposizione! In ogni caso vorrei lasciare qualcosa di ingombrantemente "mio" alle mie bimbe, che le scaldi un giorno se io non ci saro' piu', come avrei voluto che mia madre facesse per me.
Visto che la confusione e’ ancora tanta, scelgo pero’ di accantonare il blog per rimettermi in gioco daccapo, a mente fredda. A dire la verita’ ultimamente mi pesavano un po’ le aspettative che lo scrivere una cronaca ed il pubblicarla in tempo reale comporta e sentivo che spesso questo modo di comunicare puo' essere facilmente scambiato per uno sfoggio, come per dire" Ehila', guardate tutti quanto so' figa a vivere in Ammerica". E forse si era anche esaurita un po’ la vena tutta eccitata che mi aveva percorso agli esordi.
Devo ammettere che mi dispiace anche abbandonare il mondo di Internet, che mi esalta tanto con i suoi mezzi portentosi e che per questo sono sicura continuera' a darmi ogni giorno spunti nuovi. Questo filone forse va esaurendosi un po’ per tutti, o magari ha solo bisogno di qualche altra invenzione per rimanere florido ed in un certo modo ancora interessante.
In ogni caso ho bisogno di un progetto piu’ ampio e di trovare un’ispirazione che porti verso un’unica strada... mi serve anche una costanza e una tecnica che forse non ho, e spero di trovare l’ironia giusta che serve sempre a sdrammatizzare e a non prendersi troppo sul serio... non so se ne sono davvero capace, ma voglio provare adesso che ho tutto il tempo a disposizione. Sono sempre stata grafomane e questa e’ la mia unica certezza, insieme allo zaino carico di sensazioni e considerazioni che mi porto dietro, soprattutto negli ultimi anni...

Rimango un po’ piu’ sola (ma non e’ una novita’ per me) e dedico dunque quest’ultimo blog a chi e’ lontano come me e si ritrova spesso a fare i conti con una certa nostalgia e un perenne senso di inadeguatezza al nuovo ambiente scelto per apporre il nido. Chi si e’ buttato verso nuovi orizzonti, per necessita’ o per scelta, e vive ogni giorno le difficolta’ di essere un po’ piu’ sperduto, anche se magari a solo 200 kilometri dal paese natio. Chissa’ perche’ poi ci si immagina sempre che la vita a casa, in famiglia, nella propria citta’, sia sempre piu’ entusiasmante e ricca di eventi? Forse e’ solo una suggestione, a volte e’ una vertigine pungente che ti fa fare il piantino (a me la botta e’ venuta un po’ a Natale) e poi riprendere il fiato subito dopo. Altre volte invece, e’ una carica incredibile di sguardi verso l’imprevedibilita’ che il futuro ti soprenda con situazioni sempre nuove e che ti spinge ad essere sempre adattabile, curiosa, "avventuriera".

A Nabil quindi, prima di tutto, e poi a Irene a Ginevra, Claudio a Londra, Laura a Monaco, Silvia a Dubai, Emanuela a Lugano, Francesca e Alfredo a Torino, Paola a Barcellona, Giangia e Barbara a Parigi, Annabelle e James a Milano, Sara a Phoenix, e, soprattutto, a tutti gli amici italiani di Baltimora.

Arrivederci, dunque. Ci provo. Magari mi stufo e fra 15 giorni c’avete di nuovo una pagina e mezza di racconti sulle assurdita’ dell’America. Sono irrequieta, e questo non da’ neanche a me nessuna garanzia.

Elisabetta

domenica 25 novembre 2007

Baltimore unrevealed


Mi sono accorta rileggendo i vecchi blog che mi e’ un po’ passata la attitude da “scoperta” che avevo i primi tempi e che adesso le tante cose assurde dell’America mi sembrano quasi normali. Un po’ mi spiace non sentirmi intrigata come i primi tempi, dall’altra parte pero’ questa conquistata “visione da dentro” fa parte del processo di integrazione e serve a darti quella stabilita’ a cui ogni immigrato aspira!

Si coglie un'aria di innovazione qua a Baltimora.
La citta’ e’ in fermento, e noi con lei. Stiamo scoprendo un’altra Baltimore, quella all’avanguardia e un po’ alternativa che e’ cosi’ lontana dalla triste omologazione che si e’ abituati a vedere e dall'immagine che ti fai quando arrivi qua per la prima volta.
Tutti ci dicono che questa zona da questo punto di vista e’ uno spaccato d’America dove si puo’ fare ogni esperienza, ad un costo piu' contenuto rispetto a New York o San Francisco, e con un clima tutto sommato molto simile all'Italia.
Baltimore come citta' e’ effettivamente incredibile. Sei in centro circondata da case al massimo di tre piani coi mattoni rossi e le porte colorate come a Dublino, a due passi dal porto, e quando ti sposti nella downtown vera e propria i palazzi col piano terra in ghisa invece ti ricordano SoHo, mentre un isolato piu’ in la’ s’impenna un grattacielo come a Manhattan. Intorno al centro c’e’ una fascia di quartieri sgangheratissimi, di case abbadondonate con le porte e le finestre murate e i bambini neri che si fanno d’estate la doccia intorno all’idrante. Fai dieci mintui in macchina, passando da zone molto strane, alcune bellissime e trendy, altre da scappare a gambe levate, e sei gia’ in una specie di villaggetto di case vittoriane tutte colorate (dove stiamo noi). Attraversi un parco con ville coloniali dai bianchi colonnati circondate da giardini all’inglese, campi di golf e college esclusivissimi ed arrivi nella suburbia classica, con le case col portico in legno affacciate al pratino verde senza staccionata. Vai ancora piu’ in la’ e ti imbatti nel tipico ranch di Santa Fe o nella casa modernissima alla Norman Foster affacciata sul Country Club. Ovunque, a parte il centro, immerso nel verde e negli alberi. Ma ovunque, tranne piccolissime aree vicino ai negozi, nessun marciapiede, nessun pedone, nessuna bicicletta.

Le possibilita’ sono infinite, quindi, per chi cerca casa come noi. Il problema rimane quello delle scuole, perche’ purtroppo poche scuole pubbliche (soprattutto in citta’) sono considerabili, viste che la maggior parte hanno il metal detector all’entrata –anche alle elementari!-e insegnanti frustrati. Qua infatti le scuole sono finanziate dalle tasse del quartiere e solo da quelle. Piu’ il quartiere e’ ricco piu’ la scuola e’ bella e rinomata, piu’ il quartiere e’ povero, piu’ e’ disastrata. Bella regola quella che i poveri devono rimanere poveri ed i ricchi devono arricchirsi sempre di piu’, no?
Ma noi non ci perdiamo d’animo. Sento che abiteremo in un vecchio mulino ristrutturato, in un cottage dalle finestre di legno blu cobalto immerso in un bosco o in una casa di legno bianco con l’antico pozzo davanti.
Mi piace considerarci degli outsider gia’ solo perche’ siamo stranieri. Per noi e’ molto piu’ naturale osare la’ dove gli americani medi si fermano. Intanto ho un realtor, un agente immobiliare, che cerca per me. L’ho agganciato non so io neanche come. In genere rampantissimo trentenne, cerchera' di conquistare la tua fiducia a suon di sorrisi ed una valanga di email piene di cosiddetti listings (annunci gia' selezionati secondo i tuoi criteri di ricerca), che per i primi due anni mi erano tra l'altro assolutamente indecifrabili. "Gorgeous home, 3br, 1.5 ba, AC units, hwd flrs, EOG". Traduzione: 3 camere da letto, un bagno e mezzo (questa e' l'unita' di misura, non la metratura), aria condizionata, pavimenti in legno, 3 lati indipendenti. Per ora ci divertiamo un sacco ad andare a vedere anche quelle improponibili... La cosa divertente e’ infatti che ogni casa messa sul mercato ha una “open house” la domenica, dove ti aspettano, oltre al rapace dell’agenzia immobiliare, voglioso di compagnia, anche piatti di biscotti e bibite dissetanti, quando non veri e propri pranzi. Un giorno una realtor mi ha anche fatto da baby sitter a Gaia mentre giravo la casa e da allora siamo diventate amiche!

Abbiamo passato dei weekend molto frizzanti, che di solito incominciano tutti il sabato mattina con un giro al mercatino “organico” di Baltimore, dietro casa. Qua l’organico, che da noi chiamano biologico, va molto di moda, anche quando i prodotti (per loro super-fighetti) sono semplici verdure fresche o sale grosso. L’altro giorno ho persino visto la pubblicita’ di una palestra “organica”: che vorra' dire? Siamo stati all’inaugurazione della mostra del nostro amico pittore Terry in un loft della downtown (lasciatemela tirare) con i nostri amici italiani, sui trenini a vapore in un parco e a un festival francese presso il museo d'arte, dove Luce ha imparato a ballare il can-can e noi ci siamo rilassati ad un workshop per imparare a lavorare l'argilla. Con il giro alla fattoria per prendere la pumpkin perfetta abbiamo passato il nostro terzo Halloween e, un mese dopo, il Sacro Thanksgiving e in mezzo fatto i soliti giri al mall (anche se anch'io sto diventando piu' pigra e ho incominciato, come milioni di americani, a fare acquisti su Internet) e le passeggiate lungo l'Inner Harbor.
Ogni tanto ci facciamo delle gitarelle fuori porta, spesso ad Annapolis, a strafogarci di waffle e arrosto immerso nel gravy nei buffet locali, o a scrutare con invidia le case meravigliose con molo privato sulla Chesapeake bay. In piu’ gli alberi si sono colorati di rosso fuoco e la temperatura ha retto fino a ieri ancora dei tiepidi 20 gradi. Cosa volete di piu’? Chissa’ poi perche’ in questi viaggi on the road ci mettiamo sempre come colonna sonora pezzi come la Prospettiva Nevskji di Battiato o L’anno che verra’ di Dalla, che al posto di deprimerci come succederebbe normalmente, qua ci mettono di buon umore...
Gaia e Luce vengono, loro malgrado, ovunque (a parte qualche sera passata tra le braccia della nostra ormai fida Jennifer) e ci rendono sempre piu' fieri del loro adattamento a questa vita che a volte e' difficile ma spessissimo davvero entusiasmante. Luce sta coltivando una passione per i pianeti e la geografia, ma mi ha confessato l'altro giorno che il posto dove le piacerebbe vivere e' Gressoney. Mentre Gaia-grandi-sorrisi sta scoprendo il suo di mondo, che si ferma a 20 centimetri da terra, compiendo quei giri a compasso tipico da stage pre-gattonamento. Il loro menage non e' sempre semplice e idilliaco ma noi riusciamo ancora a vederne i lati buffi... e guardiamo al futuro che abbiamo davanti con loro e ci riempiamo di gioia.

In mancanza di altra attivita’ intellettuale, prosegue la mia ricerca di persone interessanti da frequentare. Oltre al ben amalgamato giro degli italiani, sto coltivando un po’ di amiche americane gia’ rodate e sperimentandone delle nuove. Ieri siamo stati alla festa del nostro amico Geppino - che dopo 6 anni all’NIH, coraggioso, torna in Italia al CNR - e li’ abbiamo conosciuto diversi altri scienziati italiani, tra cui l’inventore di Google Sky che lavora allo Space Telescope Institute qui di Baltimore e ha studiato astrofisica a Trieste! Intanto la mia amica giapponese Tamako mi ha chiesto di darle lezioni di cucina italiana. Pare che appartenga ad una antichissima famiglia di Tokyo e che sia la regina del sushi. Sono indecisa se incominciare l’école de cuisine con una pasta fagiola (come pubblicizzava un’insegna di un ristorante pseudo-italiano l'altro giorno) o col famoso “puré con la pelle” (cavallo di battaglia della famiglia Girardi).

La sera, quando Luigi si spupazza le bambine, mi fanno compagnia i viaggi di Anthony Bourdain, Samantha Brown, Andrew Zimmern e Francesco Da Mosto (ogni show in TV ha il suo personaggio di spicco, messo ben in rilevanza nel titolo), ma piu’ di tutti sogno con Bear Grylls, aitante esploratore britannico che vaga da solo in posti sperdutissimi facendo cose assurde tipo bersi la sua pipi’ nel deserto o costruirsi un igloo in un ghiacciaio.
L’esperienza linguistica mi affascina sempre molto, e non passa giorno in cui non imparo un’espressione nuova o l’esatta pronuncia di parole tipo “comprehensive”... vorrei potermi sentire sicura in ogni contesto e potermi mimetizzare tra i mille cittadini americani che hanno altre origini e a cui la gente non chiede piu’ neanche da dove vengono, dando per scontato il loro inglese ormai padroneggiato come la lingua madre.



Intanto abbiamo applicato per la carta verde tramite la Diversity Lottery (qua il permesso permanente di soggiorno si puo’ ottenere con un sorteggio tipo “gratta e vinci”: i fortunati sono tirati a sorte da pacchetti di immigrati della stessa nazionalita’, e le quote vengono decise a seconda dei flussi migratori di anno in anno verso gli Stati Uniti – da un po’ di anni non possono applicare i cinesi, gli indiani ed i messicani per esempio.). Sto poi considerando di tradurre in un libretto tutte le cazzate che ho scritto in questi due anni – ma un blog e’, per antonomasia, forse proprio l’evoluzione della pubblicazione -, che se anche non si tramutera’ in un best seller almeno divertira’ le mie bambine quando, da grandi, ripercorranno il viaggio che i loro genitori un po’ sconclusionati gli hanno fatto compiere presi dall’avventura e dalla voglia di trovare altrove quello che ci mancava in Italia.
Che sia una carriera piu’ riconosciuta o una macchina targata Viva il Toro, qualcosa qua ci ha fatto restare, convinti tra l'altro che ora e' difficile tornare indietro. Ho l'impressione che ovunque finiremmo ci sentiremmo oramai dei disadattati. Conservo comunque sempre il sogno, dopo o durante la pausa americana, di girare il mondo con Luigi e le mie bambine, ispirata dalla storia della mitica coppia di fondatori della Lonely Planet (di cui sto divorando il libro). Da loro ho imparato che non bisogna avere tanti soldi o essere particolarmente hippie per buttarsi all’avventura, basta solo il coraggio di prendere il primo aereo e non accontentarsi mai!